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Ceramica Made in Umbria

Intervista a Elisabetta Furin
La storia del territorio umbro è strettamente legata a quella del suo rapporto con l’arte della lavorazione della ceramica. Il progetto Ceramica Made in Umbria, avviato nel 2013, interpreta il recupero di tale tradizione come opportunità per aggregare una rete di imprese del settore e rilanciare la produzione locale sui mercati nazionali e internazionali.

Quando, come e perché nasce il progetto Ceramica Made in Umbria?

Il progetto nasce nel 2013, quando il servizio per l’internazionalizzazione, lo sviluppo economico e il credito alle imprese della Regione Umbria ha intrapreso un’indagine in merito alla situazione di crisi in cui attualmente versa lo scenario locale della lavorazione della ceramica. A scapito di un passato glorioso che lo ha reso famoso in tutto il mondo, quello della ceramica umbra appare ormai da anni come un settore in grave difficoltà, in cui all’assenza di investimenti finalizzati a generare innovazione ha corrisposto la dismissione di un ingente numero di imprese. È stato quindi per approfondire le cause di tale crisi che la Regione ha avviato una mappatura delle aziende ceramiche attualmente operanti in area umbra, nell’ottica di individuare quali, fra di esse, apparissero più adeguatamente “attrezzate” a supportare un’azione di rilancio produttivo e merceologico del settore. Lo studio, condotto in collaborazione con la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Perugia, ha portato alla selezione di una ventina di soggetti su più di un centinaio, fra singoli artigiani, micro-imprese e aziende di dimensioni più cospicue. Di qui è nata l’idea di un “contributo operativo” alla ricerca, volto alla progettazione di una serie di oggetti in ceramica in grado di intercettare più efficacemente le esigenze dei nuovi mercati nazionali ed esteri. Questo compito è stato affidato a me in qualità di docente dell’Istituto Italiano di Design, l’unica scuola in Umbria a includere il design del prodotto nella propria offerta formativa.

Elisabetta Furin
Elisabetta Furin

Quali sono dunque le cause di tale crisi?

La ceramica umbra ha tradizionalmente goduto di un elevato grado di consenso da parte del mercato, raggiungendo un picco fra gli anni ‘80 e ‘90 del XX secolo. La crisi finanziaria globale, da un lato, e le rinnovate esigenze manifestate dal pubblico in termini economici ed estetici, dall’altro, hanno fatto sì che tale domanda calasse drasticamente nel giro di pochi anni, cogliendo le aziende del distretto del tutto impreparate a far fronte alla situazione. Le tecniche produttive e gli stilemi formali a cui esse si attenevano erano ancora quelli che hanno fatto celebre la storia della maiolica umbra, ma che al giorno d’oggi, per varie ragioni, non risultano più sostenibili (basti pensare che un piattino del diametro di 20 cm completamente dipinto a mano può arrivare a costare intorno ai 300 euro). Per anni queste aziende hanno vissuto di rendita senza prendere in considerazione le future evoluzioni del mercato, e ciò ha finito per mettere in crisi il settore stesso, e i modelli di produzione e fruizione su cui esso si era fino ad allora basato.

Case, set di vassoi in due dimensioni. L'Antica Deruta, Gualdo Tadino (PG) © Foto di Michele Tortoioli
Case, set di vassoi in due dimensioni. L’Antica Deruta, Deruta (PG) © Foto di Michele Tortoioli

Quante aziende sono coinvolte nel progetto, e in che modo sono state selezionate?

Il progetto coinvolge 21 aziende, selezionate in base a prerogative che denotassero una particolare propensione a innovare e internazionalizzare la propria attività produttiva: un solido apparato tecnico e organizzativo, una buona percentuale di esportazioni all’estero, l’adozione di strategie di comunicazione e vendita online… E via dicendo. Al tempo stesso, la selezione ha tentato di riflettere la ricchezza e la varietà delle tecniche di lavorazione ceramica storicamente diffuse sul territorio umbro: le aziende che partecipano al progetto appartengono non solo all’area di Deruta (il centro produttivo più noto e rinomato), ma anche a realtà come Gubbio, Gualdo Tadino, Orvieto e altre ancora, ciascuna con le sue caratteristiche e peculiarità. È stato principalmente questo aspetto a suggerirmi l’idea di una collezione di prodotti che, a partire dalla tradizione della ceramica umbra intesa nella sua unitarietà, sapesse anche rispecchiare e valorizzare le specificità locali.

Coppa, ciotoline con cucchiaino, anche cocotte da forno, in due grandezze. Azienda Mastro Giorgio, Gualdo Tadino (PG) © Foto di Michele Tortoioli
Coppa, ciotoline con cucchiaino, anche cocotte da forno, in due grandezze. Mastro Giorgio, Gualdo Tadino (PG) © Foto di Michele Tortoioli

Che tipo di modello produttivo ed economico risiede alla base della nuova collezione di prodotti?

Per agevolare economicamente le imprese senza per questo penalizzare la prestazione del designer, oltre ai costi di realizzazione degli stampi e dei prototipi la Regione Umbria ha scelto di coprire anche quelli di progettazione. I diritti della collezione appartengono alla Regione, e ogni impresa coinvolta ne produce uno o più pezzi, svincolata dal pagamento di royalty nei confronti del progettista e facendosi carico unicamente dei costi legati ai processi di produzione degli articoli avuti in concessione. In questo modo i prodotti della collezione valorizzano anche le abilità specifiche delle singole aziende, a partire dalla loro identità storica e dalle tipologie di prodotti già consolidate verso i loro abituali clienti di riferimento.

Maschio e Femmina, set di bicchierini per shot e finger food . Rampini, Gubbio (PG). © Foto di Michele Tortoioli
Maschio e Femmina, set di bicchierini per shot e finger food . Rampini, Gubbio (PG). © Foto di Michele Tortoioli

Perché ritieni importante recuperare la tradizione della ceramica umbra?

In un territorio come l’Umbria, ricco di boschi e fiumi, l’argilla si offre spontaneamente, e fin dai tempi degli Etruschi la produzione di oggetti in ceramica ha rappresentato un’importante testimonianza di evoluzione economica, artistica e culturale. È tuttavia con il Rinascimento che il settore raggiunge la sua soglia di massimo sviluppo, quando artisti come Raffaello, Pinturicchio e il Perugino commissionano agli artigiani ceramisti la messa in forma di oggetti elaborati a partire dai dettagli presenti nelle proprie opere, dando vita agli esemplari che possiamo ammirare oggi in alcuni dei musei più importanti del mondo. Lavorando alla nuova linea di prodotti ho ritenuto imprescindibile confrontarmi con una tradizione che ha segnato a tal punto l’identità storica della nostra regione: ho anzi sentito che, per realizzare qualcosa che fosse al tempo stesso innovativo e tipicamente umbro, era necessario partire proprio dal recupero di questa tradizione, proiettandola nella contemporaneità tramite una rilettura che agisse analogamente sul piano produttivo, funzionale ed estetico.

Fiasca, Brocca da 1.5 l per bevande e ampolla da 200 ml per condimenti. Bizzirri, Città di Castello (PG) © Foto di Michele Tortoioli
Fiasca, brocca da 1.5 l per bevande e ampolla da 200 ml per condimenti. Bizzirri, Città di Castello (PG) © Foto di Michele Tortoioli

Cos’è il Banchetto Contemporaneo, e a che categoria di pubblico si rivolge?

Il Banchetto Contemporaneo è una collezione composta da 45 articoli (in prevalenza oggetti da tavola, ma anche altre differenti tipologie di prodotti), che fa riferimento a un mercato contract e retail di alto livello nel campo della ristorazione e dell’ospitalità. Nel reinterpretare un tema ricorrente nella tradizione della ceramica umbra, quello del banchetto, la collezione tenta di intercettare i nuovi scenari della socialità condivisa, concentrandosi principalmente su situazioni conviviali quali catering, degustazioni, aperitivi. Gli oggetti della collezione nascono per connotare scenograficamente lo spazio collettivo e, pur non escludendo un loro possibile uso nel privato delle mura domestiche, si prestano maggiormente a essere impiegati nell’ambito di occasioni speciali piuttosto che a una fruizione quotidiano e di routine. La scelta di una vendita al dettaglio (pensiamo ad esempio agli hotel e ai ristoranti italiani all’estero) è stata motivata anche dai limiti tecnici e funzionali del materiale: la maiolica è molto fragile e, pur essendo un materiale povero, al contrario di impasti come porcellana e grès, non risulta particolarmente adatta a un utilizzo di vasta scala.

L’intera collezione

Quali sono gli aspetti del processo tradizionale di lavorazione della maiolica che il progetto va a recuperare?

La lavorazione tradizionale è legata all’uso del tornio, alle forme di rotazione, alla circolare perfezione descritta ne I tre libri del vasaio di Cipriano Piccolpasso, in cui il trattatista cinquecentesco raccoglie e sintetizza le conoscenze tecniche sulla produzione della ceramica fino ad allora codificate. Gli oggetti che compongono la collezione richiamano le geometrie realizzabili al tornio, ma sono prodotti tramite stampi in gesso a colaggio: tecnologia, anch’essa di origini antichissime, che permette di ottenere forme anche complesse con costi ridotti e logica di serialità, facendo eco a una standardizzazione di tipo industriale pur rimanendo un procedimento essenzialmente artigianale. Un’ulteriore prerogativa della collezione fa riferimento a un’istanza di astrazione estetica e formale. Storicamente la maiolica è dipinta, fattore che portato, nel corso del tempo, ad assimilare tale lavorazione alla stregua di una vera e propria forma d’arte, tradendone in un certo senso il principio originario: quello di abbellire gli oggetti d’uso quotidiano. Nel mio progetto ho privato la pittura di questo ruolo centrale attribuendolo invece alla materia, tramite la creazione di motivi in rilievo ispirati alle decorazioni pittoriche tradizionali; il colore è invece ridotto a poche pennellate, che, a seconda di come il pigmento si distribuisce fra una rientranza e l’altra, creano effetti unici e irripetibili che contribuiscono a rimarcare il carattere artigianale di ciascun prodotto.

Bacile, piatto da portata. Pimpinelli, Gualdo Tadino (PG) © Foto di Michele Tortoioli
Bacile, piatto da portata. Pimpinelli, Gualdo Tadino (PG) © Foto di Michele Tortoioli

E in che modo il progetto mette in relazione tale tradizione produttiva con il panorama delle tecnologie attuali?

Le texture che appaiono in rilievo sulla superficie dei pezzi sono state disegnate attraverso un software CAD e successivamente trasferite su maschere in lamiera metallica da imprimere sul materiale in fase di stampaggio. Oltre al fatto che sarebbe stato assurdo chiedere allo stampista di riprodurre delle forme così regolari e minute direttamente all’interno dello stampo, tale procedura asseconda tecnicamente l’idea di decoro applicato come strato materico anziché cromatico. Un secondo aspetto riguarda l’utilizzo di un codice QR, leggibile tramite smartphone e altri dispositivi mobili, in luogo del classico marchio di fabbrica con cui ogni bottega usava siglare i propri pezzi per denotarne la provenienza. Grazie a questo sistema, ciascun pezzo rimanda interattivamente a un contenuto online correlato, che permette di rintracciare, insieme ai dati dell’azienda produttrice, alle specifiche tecniche del prodotto e alle informazioni sull’acquisto, anche un approfondimento storico sul dettaglio della tradizione locale a cui l’articolo in questione si ricollega.

Mug, set di tazze impliabili. G & P. di Gialletti e Pimpinelli © Foto di Michele Tortoioli
Mug, set di tazze impliabili. G & P. di Gialletti e Pimpinelli © Foto di Michele Tortoioli

Quali sono state le strategie di comunicazione legate al progetto?

L’identità visiva trae ispirazione dagli elementi tipici del processo produttivo della ceramica: il logo, ad esempio, richiama il profilo del parallelepipedo di argilla, il blocco di materia grezza da cui la lavorazione ha inizio per svilupparsi attraverso configurazioni via via sempre più articolate. Dal punto di vista comunicativo, un ruolo predominante è stato affidato al sito web, realizzato con la logica dell’app e pertanto facilmente fruibile su dispositivi sia desktop che mobile. Interamente gestito dallo studio perugino Salt & Pepper, il progetto di immagine coordinata e comunicazione di Ceramica Made in Umbria è stato di recente selezionato per la partecipazione all’edizione 2016 di ADI Design Index.

Ceramica Made in Umbria, logo del progetto
Ceramica Made in Umbria, logo del progetto
Ceramica Made in Umbria, sito web del progetto
Ceramica Made in Umbria, sito web del progetto

Che tipo di impatto economico ha riscontrato il progetto a livello sia nazionale che internazionale?

Il Banchetto Contemporaneo è stato presentato per la prima volta nell’ambito della grande mostra dedicata a Steve McCurry tenuta a Perugia nel 2014. Successivamente è stato proposto in diverse altri circostanze – in occasione delle manifestazioni milanesi del Salone del Mobile e Homi, ad esempio, e anche all’estero, nel contesto della sede newyorchese di Eataly –, in ciascuna delle quali ha ricevuto riscontri molto favorevoli e incoraggianti da parte del pubblico. Tuttavia, nonostante l’interesse suscitato dal progetto in ambito sia nazionale che internazionale, è venuta a mancare la creazione di una struttura commerciale in grado di gestire tale richiesta a livello di brand unitario. Per suo stesso statuto la Regione non può assumere ruoli e fini commerciali, per cui ad assolvere questo compito avrebbero dovuto essere le aziende, cooperando nella messa a punto delle strategie di produzione, promozione e distribuzione dell’intera collezione. Purtroppo, anziché una propensione al lavoro in squadra, le aziende coinvolte nel progetto hanno dato prova di una certa tendenza all’individualismo che ha inibito in partenza la possibilità di agire entro una dimensione che fosse effettivamente di rete. L’aggregazione, come sottolineano le direttive emanate a tal riguardo dall’Unione Europea, è l’unica opzione che queste aziende hanno oggi per rilanciare la propria produzione all’interno del mercato globale: un’opzione che il sistema dell’imprenditoria umbra sembra non essere ancora pienamente maturo ad accogliere.

Breaking the Mould.

Intervista con AUT
Nel panorama italiano della produzione artigianale, il contesto dell’isola di Murano possiede una posizione di indubbio rilievo per la sua millenaria tradizione nel settore relativo alla lavorazione del vetro soffiato. A fronte di tale specificità, tuttavia, il distretto muranese vive ormai da anni una condizione di lento declino, causato in prima istanza dalla difficoltà che le aziende locali sperimentano nel mettersi al passo con le sempre più incalzanti esigenze del mercato. È in questo scenario che, a partire dal 2011, si colloca Breaking the Mould: un progetto di ricerca analitica e sperimentale che ragiona sulla possibilità di recuperare le tecniche tradizionali di soffiatura del vetro muranese integrandole con le opportunità innovative offerte dall’attuale contesto tecnologico, con l’intento di approdare all’individuazione di approcci produttivi in grado di coniugare proficuamente tradizione e innovazione.

Come e quando nasce Breaking the Mould?

In seguito a varie sperimentazioni condotte individualmente da alcuni di noi sul vetro soffiato a bocca, alla fine del 2011 abbiamo sentito l’esigenza di creare uno spazio di condivisione di saperi ed esperienze, il più possibile aperto e multidisciplinare: una vera e propria piattaforma di ricerca e sperimentazione, che coinvolgesse non soltanto designer, ma anche artigiani, tecnici, scienziati dei materiali, videomaker, architetti. Ciò che ci interessava maggiormente allora, e ci interessa tutt’ora, è creare piccoli cortocircuiti all’interno del mondo tradizionale e consolidato del vetro artigianale, che riescano a introdurre un qualsiasi grado di innovazione formale, tipologica o produttiva. Ovviamente è un processo non sempre facile, di mediazione, con risultati a medio e a lungo termine.

BTM 01 / The Mould – Esperimento 02a
BTM 01 / The Mould: esperimento 02A
Quali sono i principali aspetti del processo tradizionale di soffiatura del vetro muranese su cui avete concentrato le vostre sperimentazioni?

I primi tre progetti si sono concentrati sul processo di soffiatura a stampo, inteso come una delle principali tecnologie produttive attraverso cui è possibile dare forma al vetro. È una decisione che abbiamo preso per il valore culturale che questo particolare processo possiede, dovuto al suo legame con la storia e l’identità del contesto produttivo muranese. È stato, infatti, il metodo tradizionalmente più utilizzato a Murano per la realizzazione di oggetti in vetro, in particolar modo per quelli di uso comune. È certamente meno spettacolare, meno “artistico” delle lavorazioni a mano libera, ma è altrettanto interessante perché, per sua natura, sottintende un legame quotidiano con la lavorazione del vetro e le sue implicite dinamiche. Insomma: con la vita di tutti i giorni di una tipica fornace muranese.

BTM 03 / Venice>>Future –  In Salviati durante le fasi di soffiaggio
BTM 03 / Venice>>Future: in fornace durante le fasi di soffiaggio (Salviati)
E in che modo, di contro, avete messo in relazione le specificità implicite in tale tradizione produttiva con il panorama delle tecnologie attuali?

Le prime due fasi del progetto (BTM 01/The Mould e BTM 02/Pattern) questo processo produttivo è stato alterato: i tradizionali stampi in legno di pero, usati per formare il vetro, sono stati sostituiti da “tubolari” cuciti con tessuti “tecnici” a matrice ceramica e silicea (solitamente utilizzati in ambito siderurgico e quindi studiati per resistere a temperature estemamente elevate). Con BTM 03 / Venice>>Future, l’ultimo progetto realizzato (e presentato al FuoriSalone 2015), abbiamo esplorato invece le possibilità di implementazione di questo processo attraverso l’utilizzo di alcuni elementi prodotti mediante una stampante 3D per ceramiche e porcellane.

BTM 01 / The Mould
BTM 01 / The Mould: l’intera famiglia
BTM 02 / Pattern
BTM 02 / Pattern: l’intera famiglia
BTM 03 / Venice>>Future  – Famiglia
BTM 03 / Venice>>Future: l’intera famiglia
Che generi di professionalità sono coinvolte nel progetto, e quali ritenete siano stati i relativi contributi alla sua evoluzione?

Proiettarsi verso una ricerca “attiva”, che rispetti la tradizione ma ne proponga al contempo una una lettura alternativa – in questo caso coniugandola, per quanto possibile, con mirate innovazioni tecnologiche – non può prescindere dal coinvolgimento di persone con competenze differenti, capaci di arricchire il progetto conferendo ad esso stabilità e ampio respiro. Ognuno mette a disposizione del progetto la propria esperienza per cercare di raggiungere un obiettivo soddisfacente e condiviso. Quindi, come detto, progettisti e “tecnici”, ma anche esperti di comunicazione e videomaker. Siamo infatti convinti che un’adeguata gestione degli strumenti comunicativi sia fondamentale per divulgare opportunamente il progetto nella sua interezza e complessità.

BTM 01 / The Mould – In fornace durante le fasi di soffiatura (Salviati)
BTM 01 / The Mould: in fornace durante le fasi di soffiatura (Salviati)
BTM 02 / Pattern – Workshop a Londra coordinato da Rebecca Hoyes per la produzione di una serie di tessuti tubolari in tessuti silicei
BTM 02 / Pattern: workshop a Londra coordinato da Rebecca Hoyes per la produzione di una serie di tessuti tubolari in materiale siliceo
Quali sono le principali categorie di pubblico a cui il progetto si rivolge?

La ricerca, in alcuni casi, può accrescere il proprio impatto culturale se viene appositamente concepita per essere condivisa. In tal senso, comunicare il proprio operato per singoli passi rappresenta una modalità estremamente efficace per verificare la loro effettiva validità. Dal nostro punto di vista, proviamo a fare questo su due fronti opposti: da un lato, attraverso selezionati momenti espositivi, cerchiamo di mostrare i risultati ottenuti a un pubblico internazionale (come è avvenuto recentemente con il terzo step del progetto, Venice>>Future), dall’altro crediamo sia necessario divulgare il nostro operato a livello locale, cercando il dialogo con le istituzioni (università in primis, stazione sperimentale del vetro di Murano) e le altre aziende vetrarie.

BTM / Exhibition #1, Direktorenhaus, Berlino 2012
BTM / Exhibition #1, Direktorenhaus, Berlino 2012
BTM / Threads – Evolutionary steps in glass, Galleria Venice Art Factory, Venezia, 2014
BTM / Threads – Evolutionary steps in glass, Galleria Venice Art Factory, Venezia, 2014, invito
Nel corso della storia, diversi altri designer e artisti si sono confrontati con il processo produttivo del vetro muranese e con il più ampio contesto culturale in cui esso si colloca. Rispetto a tali interventi, ritenete che il vostro lavoro si collochi in una relazione di rottura o di continuità?

La storia della produzione vetraria veneziana ha vissuto momenti in cui si è assistito a un’accelerazione nell’evoluzione tecnologica e formale, che ha portato, nella maggior parte dei casi, a risultati eccezionali. L’ultima fase caratterizzata da questa spinta alla ricerca, questa spinta a innovare e rinnovarsi, è rilevabile tra gli anni venti e quaranta del secolo scorso, e il suo esempio più limpido rimane la collaborazione tra Carlo Scarpa e l’azienda Venini. Scarpa riscoprì alcune tecniche produttive cadute in disuso, ne inventò di nuove, lavorò a stretto contatto con i maestri vetrai: in sostanza riuscì ad attuare una perfetta sinergia tra progettazione e produzione.
Fu in grado di pensare al vetro non solo come a un materiale legato alla tradizione, ma anche e soprattutto come a un vasto argomento di ricerca e sperimentazione, capace di dare adito a soluzioni innovative sia dal punto di vista formale che tecnologico. Ed è in questo senso che ci sentiamo di lavorare in piena continuità.

BTM 03 / Venice>>Future – in fornace Salviati
BTM 03 / Venice>>Future: in fornace (Salviati)
Quali sono, a vostro avviso, le cause della condizione di crisi economica e produttiva in cui attualmente versa il distretto produttivo muranese, e in che modo il vostro progetto tenta di rispondervi?

Le cause sono molteplici. Fra le più eclatanti rientrano indubbiamente la crisi economica internazionale, la concorrenza sul mercato e la mancanza di una politica di sostegno capace di tutelare le specificità produttive del nostro paese. Ma esistono anche problematiche più profonde, radicate alla specificità del contesto locale: fra queste, in prima istanza, rileviamo la progressiva perdita di identità e obiettivi condivisi che, negli ultimi decenni, ha interessato sempre più insistentemente la realtà del distretto produttivo muranese. Nel relazionarsi con una situazione così complessa e sfaccettata, il progetto non aspira ad avanzare risposte certe o soluzioni definitive, ma piuttosto a inserirsi nella produzione del vetro di Murano confrontandosi con tale materiale in maniera analitica e sperimentale: in che modo è possibile aggiornare un processo produttivo artigianale senza snaturarne le prerogative essenziali? Come ampliare l’immaginario collettivo connesso con la dimensione degli oggetti in vetro arricchendolo di nuovi e inediti punti di vista? Qual’è il ruolo dell’artigianato, e nella fattispecie della lavorazione del vetro, in relazione al contesto contemporaneo?

BTM 02 / Pattern Esperimento 09
BTM 02 / Pattern: esperimento 09
BTM 03 / Venice>>Future – Esperimento 09
BTM 03 / Venice>>Future: esperimento 09
I presupposti di tale crisi risiedono evidentemente anche nella difficoltà che il distretto muranese sperimenta al giorno d’oggi nel promuoversi, comunicarsi, esplicitare la propria identità. È una componente, questa, che l’identità in continua evoluzione di Breaking the Mould prova a rispecchiare?

Il problema della “giusta” rappresentazione e della mancanza di attenzione comunicativa è evidente. L’immaginario del vetro artigianale Muranese nella maggior parte dei casi è cristallizzato e stereotipato. La comunicazione di BTM invece segue la sperimentazione. Possiamo considerarla al pari degli esperimenti “imprevedibile” perchè nasce e si sviluppa sul campo non prima o dopo. E una fotografia scattata in corsa, senza cavalletto né post-produzione. Un’identità instabile, che assimila errori, variazioni e che ingloba le caratteristiche delle professionalità che si aggiungono alla piattaforma.

BTM / Exhibition #1, Direktorenhaus, Berlino 2012, manifesto
BTM / Exhibition #1, Direktorenhaus, Berlino 2012, manifesto
BTM / Learning in glass, Aram Gallery, Londra, 2013
BTM / Learning in glass, The Aram Gallery, Londra, 2013, cartolina
BTM / Venice>>Future – Subalterno 1, Milano, 2015, brochure
BTM / Venice>>Future, Subalterno 1, Milano, FuoriSalone 2015, brochure
Quali sono le prospettive future del progetto?

Continueremo a lavorare per far sì che questa piattaforma rimanga culturalmente e produttivamente attiva. Nello specifico l’intenzione è quella di esplorare ulteriormente la relazione tra vetro e tecnologie di stampa 3D della ceramica, coinvolgendo una realtà locale con grande conoscenza del mondo vetrario muranese e una internazionale che rappresenta un punto di riferimento in fatto di innovazione legata alle nuove tecnologie.

BTM 03 / Venice>>Future – stampa 3D di componenti in ceramica refrattaria
BTM 03 / Venice>>Future: stampa 3D di componenti in ceramica refrattaria