In seguito a varie sperimentazioni condotte individualmente da alcuni di noi sul vetro soffiato a bocca, alla fine del 2011 abbiamo sentito l’esigenza di creare uno spazio di condivisione di saperi ed esperienze, il più possibile aperto e multidisciplinare: una vera e propria piattaforma di ricerca e sperimentazione, che coinvolgesse non soltanto designer, ma anche artigiani, tecnici, scienziati dei materiali, videomaker, architetti. Ciò che ci interessava maggiormente allora, e ci interessa tutt’ora, è creare piccoli cortocircuiti all’interno del mondo tradizionale e consolidato del vetro artigianale, che riescano a introdurre un qualsiasi grado di innovazione formale, tipologica o produttiva. Ovviamente è un processo non sempre facile, di mediazione, con risultati a medio e a lungo termine.
I primi tre progetti si sono concentrati sul processo di soffiatura a stampo, inteso come una delle principali tecnologie produttive attraverso cui è possibile dare forma al vetro. È una decisione che abbiamo preso per il valore culturale che questo particolare processo possiede, dovuto al suo legame con la storia e l’identità del contesto produttivo muranese. È stato, infatti, il metodo tradizionalmente più utilizzato a Murano per la realizzazione di oggetti in vetro, in particolar modo per quelli di uso comune. È certamente meno spettacolare, meno “artistico” delle lavorazioni a mano libera, ma è altrettanto interessante perché, per sua natura, sottintende un legame quotidiano con la lavorazione del vetro e le sue implicite dinamiche. Insomma: con la vita di tutti i giorni di una tipica fornace muranese.
Le prime due fasi del progetto (BTM 01/The Mould e BTM 02/Pattern) questo processo produttivo è stato alterato: i tradizionali stampi in legno di pero, usati per formare il vetro, sono stati sostituiti da “tubolari” cuciti con tessuti “tecnici” a matrice ceramica e silicea (solitamente utilizzati in ambito siderurgico e quindi studiati per resistere a temperature estemamente elevate). Con BTM 03 / Venice>>Future, l’ultimo progetto realizzato (e presentato al FuoriSalone 2015), abbiamo esplorato invece le possibilità di implementazione di questo processo attraverso l’utilizzo di alcuni elementi prodotti mediante una stampante 3D per ceramiche e porcellane.
Proiettarsi verso una ricerca “attiva”, che rispetti la tradizione ma ne proponga al contempo una una lettura alternativa – in questo caso coniugandola, per quanto possibile, con mirate innovazioni tecnologiche – non può prescindere dal coinvolgimento di persone con competenze differenti, capaci di arricchire il progetto conferendo ad esso stabilità e ampio respiro. Ognuno mette a disposizione del progetto la propria esperienza per cercare di raggiungere un obiettivo soddisfacente e condiviso. Quindi, come detto, progettisti e “tecnici”, ma anche esperti di comunicazione e videomaker. Siamo infatti convinti che un’adeguata gestione degli strumenti comunicativi sia fondamentale per divulgare opportunamente il progetto nella sua interezza e complessità.
La ricerca, in alcuni casi, può accrescere il proprio impatto culturale se viene appositamente concepita per essere condivisa. In tal senso, comunicare il proprio operato per singoli passi rappresenta una modalità estremamente efficace per verificare la loro effettiva validità. Dal nostro punto di vista, proviamo a fare questo su due fronti opposti: da un lato, attraverso selezionati momenti espositivi, cerchiamo di mostrare i risultati ottenuti a un pubblico internazionale (come è avvenuto recentemente con il terzo step del progetto, Venice>>Future), dall’altro crediamo sia necessario divulgare il nostro operato a livello locale, cercando il dialogo con le istituzioni (università in primis, stazione sperimentale del vetro di Murano) e le altre aziende vetrarie.
La storia della produzione vetraria veneziana ha vissuto momenti in cui si è assistito a un’accelerazione nell’evoluzione tecnologica e formale, che ha portato, nella maggior parte dei casi, a risultati eccezionali. L’ultima fase caratterizzata da questa spinta alla ricerca, questa spinta a innovare e rinnovarsi, è rilevabile tra gli anni venti e quaranta del secolo scorso, e il suo esempio più limpido rimane la collaborazione tra Carlo Scarpa e l’azienda Venini. Scarpa riscoprì alcune tecniche produttive cadute in disuso, ne inventò di nuove, lavorò a stretto contatto con i maestri vetrai: in sostanza riuscì ad attuare una perfetta sinergia tra progettazione e produzione.
Fu in grado di pensare al vetro non solo come a un materiale legato alla tradizione, ma anche e soprattutto come a un vasto argomento di ricerca e sperimentazione, capace di dare adito a soluzioni innovative sia dal punto di vista formale che tecnologico. Ed è in questo senso che ci sentiamo di lavorare in piena continuità.
Le cause sono molteplici. Fra le più eclatanti rientrano indubbiamente la crisi economica internazionale, la concorrenza sul mercato e la mancanza di una politica di sostegno capace di tutelare le specificità produttive del nostro paese. Ma esistono anche problematiche più profonde, radicate alla specificità del contesto locale: fra queste, in prima istanza, rileviamo la progressiva perdita di identità e obiettivi condivisi che, negli ultimi decenni, ha interessato sempre più insistentemente la realtà del distretto produttivo muranese. Nel relazionarsi con una situazione così complessa e sfaccettata, il progetto non aspira ad avanzare risposte certe o soluzioni definitive, ma piuttosto a inserirsi nella produzione del vetro di Murano confrontandosi con tale materiale in maniera analitica e sperimentale: in che modo è possibile aggiornare un processo produttivo artigianale senza snaturarne le prerogative essenziali? Come ampliare l’immaginario collettivo connesso con la dimensione degli oggetti in vetro arricchendolo di nuovi e inediti punti di vista? Qual’è il ruolo dell’artigianato, e nella fattispecie della lavorazione del vetro, in relazione al contesto contemporaneo?
Il problema della “giusta” rappresentazione e della mancanza di attenzione comunicativa è evidente. L’immaginario del vetro artigianale Muranese nella maggior parte dei casi è cristallizzato e stereotipato. La comunicazione di BTM invece segue la sperimentazione. Possiamo considerarla al pari degli esperimenti “imprevedibile” perchè nasce e si sviluppa sul campo non prima o dopo. E una fotografia scattata in corsa, senza cavalletto né post-produzione. Un’identità instabile, che assimila errori, variazioni e che ingloba le caratteristiche delle professionalità che si aggiungono alla piattaforma.
Continueremo a lavorare per far sì che questa piattaforma rimanga culturalmente e produttivamente attiva. Nello specifico l’intenzione è quella di esplorare ulteriormente la relazione tra vetro e tecnologie di stampa 3D della ceramica, coinvolgendo una realtà locale con grande conoscenza del mondo vetrario muranese e una internazionale che rappresenta un punto di riferimento in fatto di innovazione legata alle nuove tecnologie.