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Abitare il turismo

Abitare il turismo o essere abitati dal turismo?

In questo articolo espanderò i concetti legati all’overtourism, già enunciati durante il Festival ASviS 2025, concentrandomi su due aspetti principali:

  • La mancanza di abitazioni per i residenti a causa della proliferazione di B&B e strutture di locazione turistica.
  • La montagna, con luoghi che rischiano l’abbandono in contrapposizione alla narrazione turistica legata a una dimensione favolistica.
Abitare il turismo - vista di Tambre in Alpago

Ormai è sotto gli occhi di tutti, ed è diventato un argomento di forte risonanza, il contrasto tra comunità locali e turisti, perciò, tra chi abita e chi occupa per brevi periodi lo spazio abitativo. Si tratta di esigenze completamente diverse che devono imparare a coesistere: il turismo è una risorsa economica fondamentale, ma un eccesso di turismo impedisce persino ai visitatori di godere appieno dei luoghi che scelgono di esplorare. Questo aspetto dei turisti stessi che criticano il troppo turismo mi ha colpita molto e l’ho sentito per la prima volta in un’intervista a Ada Colau, ex sindaca di Barcellona, che ha iniziato a gestire la situazione urbana/turistica della città nel 2015. L’approccio iniziale è consistito in  un questionario/ sondaggio sottoposto ai turisti stessi. Cosa è emerso? Apprezzamenti per la città perché bella ma… troppo turismo. Sentire dire dagli stessi turisti che c’è troppo turismo, inquieta un po’. [1]

Il caso Barcellona

A Barcellona la tensione dei cittadini verso i turisti è palpabile, visto che hanno “sparato” ai malcapitati visitatori con le pistole ad acqua. Una tensione simile inizia a essere percepita anche a Venezia, dove comunque, ed è un parere personale, l’amministrazione pubblica continua solo a “ciacoare” (chiacchierare) e il biglietto d’ingresso è diventato un ulteriore balzello che mi fa venire in mente “Non ci resta che piangere” con la gag “Quanti siete, che volete? Un fiorino”.

Sarebbe forse il caso di iniziare ad ascoltare le parti coinvolte, sia residenti che turisti? Perché non usufruire di esperienze già fatte in altre città?  Con Venezia mi fermo qui, e torno al caso Barcellona che utilizzerò come esempio da tenere in considerazione.

A Barcellona è stato scelto di cambiare modello turistico, sulla scorta anche dei dati del sondaggio citato all’inizio, e di attuare un forte intervento pubblico per non lasciare il settore in mano solo all’industria privata, perché sì, il turismo è un’industria gestita soprattutto da grossi gruppi privati.

Il concetto portato avanti dall’amministrazione è semplice: gli appartamenti servono anche per viverci, non solo per i turisti. Se spariscono i residenti, spariscono anche i panifici, i negozietti: in breve, sparisce quella che è l’anima della città. E su questo concetto di anima, concetto inclusivo – contrapposto a identità, concetto divisivo – dei luoghi, ho scritto io stessa più volte.[2] Una città priva di anima diventa semplicemente un marchio e scompare.

L’amministrazione ha pertanto iniziato a stringere sugli affitti brevi e a sviluppare un piano urbanistico anche per l’accoglienza. La città deve essere di tutti, è un bene comune e non può essere depredata. Si sono perciò sviluppate delle regole specifiche che anche il nuovo sindaco, Jaume Collboni, sta portando avanti. Non si possono affittare appartamenti turistici in edifici abitati anche da altri condomini, e non sono consentite locazioni turistiche nelle zone centrali. Le licenze attive scadranno a novembre 2028 e non verranno rinnovate. Gli affitti turistici su Airbnb sono consentiti solo con una licenza turistica (HUT), obbligatoria da esporre negli annunci, pena multe fino a 60.000 €. Nuove licenze potrebbero essere concesse solo in aree periferiche meno turistiche. Dal 2029 ci si attende di poter reinserire circa 10.000 alloggi nel mercato residenziale.

Nei proprietari di immobili scatta la domanda: “Ma allora come, tu Comune mi dici cosa devo fare della mia proprietà?” Sì, perché, come si diceva, la città è un Bene Comune. D’altro canto, però, “proprietario, non ti lascio solo”. Ada Colau, durante la sua amministrazione, ha stabilito regole specifiche per chi affitta a canone concordato e, a supporto dei proprietari, il Comune ha istituito anche una garanzia per morosità o per mancanza di affittuari.

Il resto d’Europa

Come si stanno muovendo altre città europee? Molte metropoli stanno introducendo normative più stringenti per contrastare l’overtourism e la carenza di alloggi. Non per questo non si riconosce che gli affitti brevi siano una risorsa economica. Ma, come sempre, le risorse vanno gestite.

A Madrid, il “Piano Reside” del 2024 vieta nuove licenze per alloggi turistici in edifici residenziali del centro storico, consentendole altrove solo in edifici con accesso indipendente. È obbligatoria la registrazione nel Registro de Empresas Turísticas, con esposizione del numero di registrazione, pena sanzioni fino a 50.000 €.

Ad Amsterdam, dal 2025 è possibile affittare la propria residenza principale per un massimo di 30 notti all’anno (che diventeranno 15 nei quartieri centrali dal 2026). È necessario un permesso per affitti superiori, con un limite di quattro ospiti e notifica obbligatoria al Comune per ogni soggiorno.

Berlino ha regolamenti severi: dal 2018, è consentito affittare la propria residenza principale per brevi periodi, ma con limiti per le seconde case e l’obbligo di un numero di registrazione. Per affittare un intero appartamento è richiesto un permesso ZAS dal municipio, con sanzioni fino a 100.000 € per uso non autorizzato. L’affitto di una stanza nella propria abitazione principale (meno del 50% della superficie) non richiede il permesso ZAS, ma necessita comunque di notifica al comune e numero di registrazione.

A Parigi, il limite per l’affitto della residenza principale è di 120 giorni all’anno, con l’obbligo di registrazione municipale e l’ottenimento di un numero di registrazione da esporre negli annunci. Le sanzioni per la violazione delle regole sono severe, con multe fino a 20.000 € per la falsificazione dei dati.

Abitare il turismo - vista della Senna e della Tour Eiffel

A Bruxelles, il Comune sta valutando atti amministrativi per limitare l’uso turistico degli immobili nel centro storico. È obbligatorio dichiarare l’attività e ottenere un numero di registrazione regionale, oltre a rispettare standard di sicurezza e igiene. [3]

In Italia per gli affitti turistici brevi è obbligatorio ottenere il CIN – Codice Identificativo Nazionale, che si richiede tramite la Banca Dati Nazionale delle Strutture Ricettive e degli Immobili in Locazione Breve (BDSR).  Per garantire la sicurezza degli ospiti, è necessario che l’immobile sia dotato di dispositivi anti-monossido ed estintori. Le presenze vanno comunicate alla Questura tramite il portale Alloggiati Web entro 24 ore dall’arrivo. È fondamentale verificare le eventuali ulteriori restrizioni locali imposte dai Comuni e la presentazione della SCIA se l’attività è svolta in forma imprenditoriale.  I contratti di locazione turistica di durata inferiore a 30 giorni non vanno registrati. Al contrario, quelli di durata superiore ai 30 giorni, o contratti multipli che complessivamente superano i 30 giorni nello stesso anno, richiedono la registrazione all’Agenzia delle Entrate.

A inizio anno la tendenza degli affitti brevi ha subito una frenata soprattutto nelle grandi città. Le ragioni sono molteplici, tra cui le nuove regole introdotte dal Ministero del Turismo (la più importante è il CIN, diventato obbligatorio e operativo dal 1 gennaio 2025) e l’incertezza economica. I turisti sembra preferiscano prenotare a ridosso della partenza per trovare prezzi più competitivi. Per riuscire a capire la tendenza turistica del 2025 è comunque necessario attendere i dati consolidati dopo la fine dell’anno.

Dal troppo turismo all’abbandono dei luoghi

Se da una parte vediamo un grande affollamento turistico, dall’altra vi sono luoghi in cui il turismo scarseggia, come scarseggiano anche le case per i residenti. Mi riferisco in particolare ai luoghi di montagna. Code per andare a Cortina o alle Tre Cime di Lavaredo, mentre vi sono luoghi come l’Alpago, molto belli ma lontani dai grandi flussi turistici. Per fortuna, mi viene da dire…  

Abitare il turismo - vista di Santa Croce  al Lago

La montagna è un mondo a sé. Dopo il Covid e con Instagram e affini si è assistito all’assalto di orde in ciabatte – che poi cadono lungo i sentieri e chiamano gli elicotteri del soccorso – che vogliono andare in un luogo per scattarsi la foto e postarla. Potrebbero essere ovunque, l’importante è la foto. In questi contesti è entrata purtroppo la dinamica della narrazione, o se preferite lo storytelling. Prendo da un mio articolo precedente:

Il modo in cui la montagna viene raccontata ha un impatto significativo sulla percezione che ne hanno le persone e sul tipo di turismo che attrae.

“Attenti al lupo”: una narrazione, legata a paure ancestrali e a una visione della montagna come luogo selvaggio e pericoloso, può allontanare un certo tipo di turismo e non valorizza la ricchezza della fauna e il ruolo ecologico del lupo. Aggiungo, anzi, che mette in pericolo il povero lupo.

“Paese delle fate”: una narrazione idilliaca e stereotipata che non coglie la complessità e le sfide reali della vita in montagna, oltre a poter generare aspettative irrealistiche nei turisti.

In montagna gli “attori” legati al turismo sono almeno tre:

  • Comunità locali ospitanti.
  • Seconde case, dove abbiamo persone “quasi locali” perché vi trascorrono lunghi periodi, oppure case vuote e molto spesso abbandonate.
  • Turisti stagionali o giornalieri.

Mettere d’accordo queste identità così diverse non è una cosa semplice. Il mio parere è piuttosto elementare: perché non iniziare a proporre dei questionari mirati? Partire da dati certi può essere un buon inizio per creare un’offerta che sviluppi i territori senza esporli al rischio dell’overtourism e per consentire alle comunità ospitanti di vivere il loro territorio. Per una attività di questo tipo devono necessariamente entrare in gioco le amministrazioni locali.

Cambiare la narrazione

Quale tipo di turismo vogliamo? Se da un lato si rischia il “modello Venezia” anche sulle vette, dall’altro si rischia anche lo spopolamento delle località meno note. Si può arrivare a un equilibrio e, se si può, cosa serve?

Tanto per cominciare, una pianificazione con un marketing territoriale fatto bene. E fate attenzione: ho detto marketing e non comunicazione. Un piano di marketing che tenga conto anche dell’impatto ambientale e degli stakeholder, della stagionalità. Solo dopo aver pianificato si può procedere a una comunicazione mirata e, se le linee strategiche sviluppate a monte sono chiare, anche la comunicazione avrà un impatto positivo sia sul target individuato che sul territorio.

Degli ottimi esempi che ho conosciuto direttamente sono i campionati di sci d’erba[4] che si svolgono a Tambre d’Alpago, che puntano a destagionalizzare l’offerta e ad attrarre il turismo sportivo. Altri esempi, particolari e non trascurabili, sono i set cinematografici realizzati in zone poco frequentate o conosciute in modo minore. Di recente Ridley Scott era in Cansiglio per il suo nuovo film. Da questo punto di vista temo un po’ l’effetto Instagram, ma la sensazione generale è che le amministrazioni locali siano piuttosto presenti e che gestiscano, o che almeno ci provino, a portare avanti una visione di Bene Comune e a evitare l’effetto Instagram.

Abitare il turismo - Sci d'erba

In questa visione di Bene Comune si inserisce anche il progetto Primavera Casa[5].

Il progetto Primavera Casa mira a ripopolare la Valbelluna – con attività di raccolta dati e consulenza rivolte a proprietari, aziende e comunità locali – affrontando il problema delle numerose case sfitte nella regione. Con una casa su tre non occupata, l’obiettivo è trasformare i paesi in luoghi vivaci e accoglienti, contrastando lo spopolamento e la difficoltà per molte persone a trovare alloggio. L’iniziativa intende riaprire queste abitazioni vuote, creando un futuro più ricco per la comunità e riconoscendo i costi, sia materiali che immateriali, delle case non occupate per proprietari e comunità.

E il turista che ruolo ha in questa storia? Un concetto interessante da cui partire è quello del cittadino temporaneo:

  1. Mi impegno a essere un cittadino temporaneo responsabile.
  2. Ho cura dei luoghi abitati dalla natura e dall’uomo.
  3. Leggo le storie e le memorie attraverso gli occhi di chi le ha vissute.
  4. Ascolto il suono di quello che vedo, le parole di chi vi abita.
  5. Guardo e cerco l’anima di questo luogo, la sua comunità.
  6. Mi nutro dei dialoghi che insieme generiamo.
  7. Condivido il sapere che questa terra mi insegna.
  8. Partecipo al suo futuro, consapevole del passato.
  9. Affido a questo luogo la ricchezza che sono.
  10. Porto con me il cittadino che sono diventato.[6]

Il concetto è bello, ma la sua attuazione non è semplice. Sono almeno tre anni che spingo su questo. In città come Venezia non credo sia attuabile, però si può partire da questo concetto per elaborare – da parte, ancora una volta, dell’amministrazione pubblica – un minimo sindacale di “Manifesto del Turista Rispettoso“, con alcuni punti in comune per tutte le zone turistiche e altri più specifici per le singole aree. Un banale elenco di “DO’s and Don’ts” per rendere la cosa internazionale potrebbe essere un primo passo. Un secondo passo potrebbe essere il coinvolgimento delle strutture ricettive che a loro volta coinvolgono i propri ospiti con questionari brevi e mirati. Inoltre, se partiamo dal fatto che nelle zone meno frequentate gran parte delle strutture ricettive sono a conduzione familiare si potrebbe anche avere un ottimo spaccato della comunità locale.

Questo no, non è difficile da fare, basta volerlo.

Abitare il turismo è inserito nel Q19 Sostenibilità e Territori: un futuro da abitare che sarà pubblicato a breve. Per leggere tutti i Quaderni cliccare QUI


[6] (Decalogo del cittadino temporaneo, Matera 2019)


[5] https://primaveracasa.eu/


[4] Campionati Italiani Assoluti di SuperG e le Finali della Coppa del Mondo FIS di sci d’erba dal 5 al 7 settembre 2025


[3] Lodgify (2025) – Regolamenti affitti brevi – https://www.lodgify.com/blog/it/regolamenti-affitti-brevi-mondo/


[2] “… il concetto di anima che vedo come concetto inclusivo, che accoglie chi arriva ma che abbraccia anche chi abita quei luoghi. Per dirla in altre parole potremmo definirla il Genius Loci, lo spiritello che abita i luoghi.” Grana, A. (2024) – Ma i luoghi hanno un’anima? –  Q18 il prato edizioni

“Parlare di identità può creare divisione- pensate a nazioni, regioni, città diverse ognuna con una propria identità/storie, un senso di appartenenza più al luogo che ai valori che esso rappresenta- l’anima no, è un livello più intimo ed emozionale, valoriale, non può far dividere le persone ma solo unirle.”  Grana, A. (2023) _ Turista o viaggatore? Identità o anima? – Q14 il prato edizioni


[1] Piazza Pulita (2025) La7 https://www.la7.it/100minuti/video/ada-colau-se-non-ci-sono-i-cittadini-non-esiste-la-citta-26-05-2025-597951

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