Un’ alternativa sostenibile da esplorare per i territori montani?
Sci d’erba, un’alternativa sostenibile da esplorare per i territori montani?
Confesso che non ne avevo mai sentito parlare, né avevo mai visto nulla. Da quando ho realizzato il sogno della casa in montagna ho iniziato a vedere aspetti del territorio montano che non conoscevo e sono incappata anche in una tappa della Coppa del Mondo di Sci d’Erba a Tambre, in Alpago provincia di Belluno.
Come già – almeno spero – saprete come associazione è da molto che ci occupiamo di valorizzazione dei territori e di turismo sostenibile; perciò, lo sci d’erba mi ha incuriosita molto.
Partiamo dal territorio in questione, l’Alpago, nello specifico Tambre cittadina che deve la sua storia e il suo sviluppo al legame con la Foresta del Cansiglio. Nei periodi più recenti il turismo dell’area si è sempre più stretto intorno alle bellezze naturali e allo sport.
Per lo sci dobbiamo partire dalla frazione di Col Indes, 1230 slm, un tempo dotata di una pista che non è più adatta allo sci alpino invernale. Cosa è successo? Gli impianti sono ormai arrugginiti. Ho trovato una serie di articoli (del 2011/2012, si veda in calce) relativi a un progetto di collegamento sciistico degli impianti tra Col Indes e Piancavallo. Il progetto, per fortuna, non è mai stato approvato. Con la neve che passa da “troppa o niente”, sarebbe stato solo uno spreco di denaro.
Come detto poc’anzi, bellezze naturali e sport sono i fattori trainanti della zona. La bellezza dell’area è dovuta alla pace e alla tranquillità della seconda foresta più grande d’Italia: il Cansiglio, 7000 ettari di faggi e abeti secolari. Sentieri da percorrere a piedi, in mountain bike (per inciso, ho visto anche molte bici elettriche) oppure a cavallo. Per gli sport invernali vi sono di tracciati per lo sci da fondo, ma anche ciaspole, o slitte trainate da cani sono una bella alternativa. Sempre se c’è neve… il tempo diciamo che fa le bizze.
Sport e condizioni meteo, e questo mi fa ritornare al nostro Sci d’Erba. La Coppa è stata una piacevole sorpresa e potrebbe – con tutti il se del caso – costituire una alternativa per lo sci nel futuro. Che ci piaccia o meno, la situazione neve in montagna sta diventando critica, gli eventi climatici estremi sono sempre più frequenti – sia in montagna che in pianura – e si devono cercare alternative strutturali per provare, e ribadisco provare, a gestire un cambiamento che ci è già sfuggito di mano. E’ perentorio “ri-disegnare” anche il comparto turistico che va gestito
Lo sci d’erba non è una novità, se ne parlava già tra gli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, ed era soprattutto una alternativa fuori stagione per gli atleti dello sci invernale. Ci sono le potenzialità per fare un salto in avanti? Per il turismo e per territori meno conosciuti può rappresentare un fattore di sviluppo? Si badi bene, che per sviluppo intendo sempre uno sviluppo sostenibile (si veda più sotto l’articolo Ma i luoghi hanno un’anima?)
Difficile a dirsi. Al momento vi è una mancanza di conoscenza/consapevolezza da parte degli sciatori “classici” e degli amanti dello sci in generale, dall’altra, per pensare a una gestione turistica vera e propria, le infrastrutture devono essere completamente ripensate. Per certo lo sci d’erba sta acquisendo una rilevanza maggiore e rappresenta una alternativa sostenibile a proposte come le piste sintetiche (dry slope skiing)
Che ne pensate? Lo Sci d’erba è una strada percorribile?
Qui sotto una serie di link ad articoli di approfondimento sul territorio del Cansiglio, sullo sci d’erba e sul turismo sostenibile
Turismo esperienziale, sostenibile e PCTO 2024 di Chiara Ceccon (docente di discipline turistiche aziendali ITSET A. Martini Castelfranco Veneto -TV -) per il Q18TURISMO 20.0 Scuola, turismo, territorio
Il progetto di ricerca e formazione avviato da Aida Marketing e Formazione, Progetto Re-Cycle e Paesi e Poesie, in collaborazione con alcune scuole venete e calabresi e due comuni, Zero Branco (TV) in Veneto e Caulonia (RC) in Calabria, ha portato all’analisi dei dati dei questionari raccolti. I questionari hanno posto, agli studenti delle sei scuole coinvolte, alcune domande relative al loro rapporto con il territorio e a come vivono il turismo sostenibile.
Da una prima analisi emerge che gli studenti delle scuole secondarie superiori di secondo grado, in particolare del triennio, desiderano fare esperienza attraverso la conoscenza del territorio, immergendosi nella natura e tenendo d’occhio i loro budget.
I ragazzi di questa generazione hanno bisogno di svagarsi per contrastare la noia, l’impegno scolastico e sportivo, organizzando per sé e per gli amici viaggi per conoscere meglio sia la zona in cui vivono sia le strutture ricettive, quali agriturismi e alberghi, B&B e campeggi perché offrono numerosi servizi di accoglienza. I servizi di accoglienza sono risultati un elemento fondamentale per tutti gli studenti.
La maggior parte degli studenti è d’accordo nel far apprezzare ai potenziali turisti la storia e il folklore del territorio, rispettando l’ambiente.
Il rapporto tra turismo e territorio dipende molto da come i ragazzi sono stati abituati dai loro genitori e dalla loro cultura di base. Infatti, si nota la differenza tra coloro che hanno viaggiato fin da bambini, rispetto a coloro i cui genitori non hanno avuto le possibilità economiche e materiali e non si sono potuti permettere di affrontare viaggi di qualsiasi genere.
Ci sono ragazzi che hanno già fatto esperienza in varie strutture, mentre altri non sono mai stati in hotel a tre o quattro stelle e probabilmente non ci sono nemmeno mai entrati, tranne, forse, per la frequenza degli stage di alternanza, i cosiddetti percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento.
I percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO 2024)
A questo proposito, quest’anno nel nostro Istituto Martini di Castelfranco Veneto, le classi terze del corso Turismo sono state invitate a visitare una cantina vitivinicola nelle colline del Prosecco per capire cosa significa fare turismo esperienziale ed enogastronomico. Hanno inoltre visitato un hotel quattro stelle a Venezia per apprendere i vari servizi e il confort che viene proposto soprattutto ai turisti stranieri.
Queste visite aziendali rientrano in una Unità didattica di apprendimento in cui gli alunni hanno realizzato un piccolo catalogo per illustrare alcune escursioni in questi due luoghi tanto amati.
In entrambe le esperienze i ragazzi sono rimasti entusiasti e la maggior parte ha precisato che l’esperienza diretta li ha coinvolti e che la rifarebbero; altresì, hanno appreso quanto possa essere difficile gestire strutture di accoglienza sia di tipo ricettivo che ristorativo.
Sostenibilità e accoglienza
Con i PCTO gli studenti hanno avuto modo di avere un primo approccio “dal vero” di quanto messo in atto da Regione Veneto e strutture ricettive
Per esempio, nel caso UNESCO ed enoturismo, la Regione Veneto e la Presidente dell’Associazione per il Patrimonio delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, Marina Montedoro, ha ribadito “il pieno rispetto del Patrimonio che siamo chiamati a tutelare e portare nel mondo come bandiera veneta di bellezza e sostenibilità. In questa direzione vanno tutte le azioni di valorizzazione del territorio che si stanno attuando come Associazione: dallo sviluppo di percorsi a piedi, a cavallo e in bici alla creazione di hub logistici per ridurre la pressione del trasporto pesante”.
Per quanto riguarda l’esperienza negli hotel veneziani, gli ospiti sono invogliati alla piacevolezza del confort e del relax, attraverso l’accoglienza in tutte le sue espressioni. Gli addetti alla reception e gli head concierge sono a disposizione 24 ore su 24 in varie strutture proponendo servizi di vario genere e gli studenti hanno percepito questo valore aggiunto che contraddistingue la nostra cultura italiana.
Potete trovare Turismo esperienziale, sostenibile e PCTO 2024 nelQ18 Turismo 20.0 – Scuola, turismo, territorio edito da il prato publishing house
Me lo sono chiesta sempre più spesso di recente, ne avevo anche scritto qualche tempo fa, quando avevo già fatto una distinzione tra identità e anima.
La risposta alla domanda è un SI, senza ombra di dubbio da parte mia. Però, davvero, me lo sto chiedendo sempre più frequentemente. E allora provo a rispondermi. Di nuovo.
Parto da lontano. Con il PNRR ormai è tutto un bando per i borghi, per il turismo sostenibile e chi più ne ha più ne metta. Il mio lavoro mi porta anche a occuparmi di bandi e sul turismo ne ho viste di tutti i colori.
In ordine sparso ecco alcune amenità:
· Facciamo una App… se la scaricano in mille sarà già tanto.
· Facciamo un portale… ok quello di Stargate (il film) mi sta bene. Gli altri portali invece si mettono in concorrenza tra loro creando una immagine caotica e frammentata. Pensare a chi dovrebbe utilizzarlo è troppa fatica.
· Facciamo una rete … da pesca e per giunta bucata? Forse sì, visto che chi fa parte di una rete stenta a trovare – data, in molti casi, la mancanza di coordinamento- un modo per organizzarsi.
· Valorizziamo il territorio. Ottimo. Manca sempre il come. Mai avuto il bene di sentire qualcuno dare delle indicazioni chiare sul COME.
· Last but not least, finiti i soldi del bando, amici o nemici come prima.
Il progetto con le scuole
Con il progetto Turistico 20.0 – il turismo dalle scuole al territorioe con il questionario somministrato alle ragazze e ai ragazzi di sei scuole turistiche tra Calabria e Veneto, abbiamo sondato, tra le altre cose, quale sia il significato gli studenti danno al turismo sostenibile. In breve, è emersa la percezione legata all’ambiente ma la parte legata alle persone/alla società è stata soltanto sfiorata.
La sostenibilità si collega anche a come valorizzare il territorio, persone che lo abitano comprese, resta sempre il dubbio sul “come”. E allora?
Identità o anima
Qui mi riaggancio alla mia domanda iniziale e introduco la variabile identità. Si usa sempre più spesso il vocabolo identità legandolo ai luoghi. A mio parere questo vocabolo è divisivo, si cercano le caratteristiche che differenziano un luogo da un altro piuttosto ciò che li accomuna. Un fenomeno che trovo preoccupante poiché ho la netta impressione – girando per borghi – che stiano diventando tutti uguali, con promozioni simili e con un forte accento sull’enogastronomia e i prodotti tipici. Non fraintendetemi, i prodotti tipici vanno benissimo ma quando, per spingere un prodotto e un territorio, mi invento “il cammino delle colline del prosecco” capite che i turisti/pellegrini a sentire una cosa del genere restano senza parole – i cammini partono da presupposti spirituali ben diversi – e, inoltre, se si parla con chi abita quelle colline la risposta è “sì, sì che vadano a camminare o in bici quando non passano con i pesticidi…”. Per dovere di cronaca mi hanno anche riferito che la situazione di irrorazione di sostanze per il trattamento delle vigne sta iniziando a essere gestita meglio.
In ogni caso ci troviamo di fronte a un classico esempio di social washing da una parte – chi abita quelle zone ha parecchi problemi ma l’immagine che si dà è diversa – e di più classico green washing di posti che sono sicuramente meravigliosi ma di cui si fa un altrettanto meraviglioso ed eccessivo story telling. Un gran peccato perché in questo caso la valorizzazione del luogo non sta portando effettivi vantaggi alla popolazione, e non sto parlando dei vantaggi economici, perché quelli di sicuro qualcuno li ha. Sto invece introducendo il concetto di anima che vedo come concetto inclusivo, che accoglie chi arriva ma che abbraccia anche chi abita quei luoghi. Per dirla in altre parole potremmo definirla il Genius Loci, lo spiritello che abita i luoghi. Sto però divagando troppo sul filosofico. Vediamo di riassumere:
· L’identità è divisiva e punta sulle caratteristiche tangibili. Ricordo a questo proposito, il periodo del sisma in centro Italia. Avevamo organizzato con associazioni del posto una manifestazione a cui aveva partecipato anche un campanaro con le campane recuperate da varie chiese. Aveva iniziato a suonare una serie di melodie e ricordo bene l’affermazione “alla fine la melodia è uguale ma ogni paese dice che la sua è diversa, la loro campana è diversa”. Ecco ci fermiamo alla campana e non sentiamo la musica. A ognuno il suo campanile verrebbe da dire. Che strano, mi ricorda tanto il campanilismo.
· L’anima è qualcosa che va oltre, è la melodia che unisce. Io credo che per parlare di turismo sostenibile per tutti – turisti e abitanti – sia necessario trovare questa melodia. Ed è una melodia che parte dalla parola “rispetto” per gli altri e per i luoghi. Se continuiamo a spingere nella direzione sbagliata anche per i borghi, il rischio è di massificare tutto. Dopo il Covid la spinta generale sembrava verso un turismo più sostenibile. Da una parte si sta realizzando, dall’altra i luoghi più, chiamiamoli intimi, rischiano il turismo di massa appena diventano conosciuti, come a esempio, alcune aree della laguna veneta. Solo creando una alleanza tra abitanti e turisti potrò finalmente parlare di turismo sostenibile. Gli strumenti e i metodi ci sono. In ogni caso il punto di partenza resta, per me, più prettamente valoriale che meramente tecnico.
Veniamo ora a questo Quaderno che racconta con quattro articoli, più un articolo introduttivo di Lucia Ammendolia, il turismo sostenibile ed esperienziale.
Il focus della pubblicazione è su luoghi da scoprire, visti dal punto di vista di studenti di scuole turistiche. In un primo articolo Chiara Ceccon ci porterà con i suoi allievi – dell’istituto Martini di Castelfranco Veneto – attraverso le esperienze che hanno svolto quest’ anno sul territorio. Sempre dell’istituto Martini, Benedetta Strippoli ci condurrà sul sentiero della sostenibilità con “Turismo e sostenibilità: gli italiani sono viaggiatori sostenibili?
Chiudono questa carrellata sul turismo due articoli della III A dell’istituto Mazzotti di Treviso: “Vi presento il mio territorio: Casale sul Sile e Quarto d’Altino, Territorio Alto Sile”. Farete delle belle passeggiate accompagnati dagli itinerari creati dai ragazzi.
Un mio invito ai ragazzi e ragazze, operatori turistici di domani. Cercate sempre l’anima nel lavoro che farete.
Buona lettura
Si ringraziano le docenti: Chiara Ceccon, Nicoletta Cioffi e Anna Candelù per la collaborazione
Potete trovare Ma i luoghi hanno un’anima? NelQ18 Turismo 20.0 – Scuola, turismo, territorio edito da il prato publishing house
Le guide ambientali escursioniste è il secondo articolo del Q17 “Scuola, professioni e trend del turismo” da ottobre scaricabile qui
Le attività delle guide ambientali escursioniste nei Monti Sibillini e in Valnerina
La natura va amata, compresa e soprattutto rispettata e proprio per queste motivazioni, unite alla volontà di far parlare del mio territorio, dal 2019 ho iniziato il percorso per diventare una guida ambientale escursionista. Prima di parlarvi delle mie attività però vorrei spiegarvi cosa è, e cosa fa una GAE.
Le guide ambientali escursioniste (GAE) sono professionisti che si occupano di guidare le persone in escursione e in varie attività all’aria aperta. Non fanno però solo questo.
Il compito di una GAE può essere molto vario e si differenzia da guida a guida, da territorio a territorio. Oltre ad essere una guida in un sentiero possono fornire al contempo informazioni naturalistiche, storiche e culturali.
Le attività delle Guide
Le attività delle guide ambientali escursioniste, anche in Valnerina e nei Monti Sibillini, sono molto varie e dipendono dalle esigenze e dalle richieste dei visitatori. Di sicuro, tra le attività principali, ci sono le escursioni a piedi, che possono prevedere diversi livelli di difficoltà e durata: dalle semplici passeggiate per famiglie e principianti, alle escursioni di più giorni per escursionisti esperti.
Durante le escursioni, le guide ambientali escursioniste forniscono agli escursionisti informazioni sulla flora, la fauna, la geologia e la storia della zona, rendendo così l’escursione una vera e propria esperienza educativa. Spiegano anche l’importanza della conservazione dell’ambiente e delle buone pratiche di escursionismo sostenibile.
Oltre alle escursioni a piedi, le guide ambientali escursioniste possono organizzare altre attività come, a titolo di esempio, attività educative (anche per i bambini), il birdwatching, la divulgazione delle regole e delle attività proprie di una zona, attività a tutela di flora e fauna selvatica, il trekking con le ciaspole (molto apprezzate le attività sulla neve anche dai bambini), il nordic walking e molto altro ancora. Queste attività permettono ai visitatori di scoprire la natura e il paesaggio in modo diverso e avvincente, trasformando allo stesso tempo una passeggiata in natura in un’esperienza turistica di qualità.
Le guide ambientali escursioniste possono essere anche collegate alle associazioni, ai parchi naturali, alle riserve, ai centri visita, alle aziende turistiche specializzate e ad altre strutture che promuovono il turismo nella zona. Molte guide ambientali escursioniste sono anche liberi professionisti che possono proporre e organizzare escursioni su misura per gruppi o privati.
Le Guide e il turismo
In generale, le attività delle guide ambientali escursioniste contribuiscono a far conoscere e valorizzare le bellezze naturalistiche e culturali dei propri territori. Nello specifico tra i Monti Sibillini e la Valnerina queste guide promuovono l’omonimo Parco Nazionale dei Monti Sibillini e il Parco Regionale del fiume Nera, le svariate aree protette e i siti Natura 2000, promuovendo un turismo di qualità e sostenibile con la conservazione dell’ambiente. Un altro compito che spetta alle “guide” è quello di responsabilizzare il turista, anche nei confronti della sua stessa sicurezza, per contribuire allo sviluppo di un turismo eco-friendly, sostenibile e soprattutto responsabile.
Sempre più spesso, grazie ai social network che condividono informazioni anche senza andarle a cercare, e grazie agli strumenti tecnologici (APP e dispositivi GPS) si può “andare” in montagna con uno spirito di avventura senza conoscere quasi nulla, purtroppo avendo un bassissimo livello di sicurezza. Un esempio tra le centinaia (perché si parla davvero di molti casi) è il soccorso di un ragazzo di appena 30 anni che a fine luglio, nonostante il sentiero principale sia realizzato anche da bambini, ha dovuto chiamare il soccorso tramite elicottero perché partendo senza avere la giusta conoscenza del sentiero e della montagna è rimasto bloccato tra le rocce.
Eco-friendly
Non conoscendo le regole del buonsenso alcuni lasciano rifiuti a terra pensando che essendo “materiale organico” non sia un problema (esempio bucce di frutti), nella peggiore delle ipotesi un turista “poco amante della natura” lascia anche rifiuti differenti. Personalmente, mi è capitato di vedere sacchetti di raccolta di escrementi di animali abbandonati a terra con dentro i rifiuti.
Sicurezza
Sono decine gli escursionisti che cercano di andare in montagna (e parliamo comunque di montagne che arrivano a quasi 2500 m slm) con scarpe inadatte, sneakers o addirittura ciabatte e, nonostante gli avvertimenti, spesso continuano imperterriti la loro avventura in solitaria. Alcuni vogliono andare in alta quota anche con bambini piccoli, altri cercano di arrivare in una zona inesplorata nonostante la propria inesperienza.
Per esempio, per arrivare da Foce alla cima del Monte Vettore occorre praticare un dislivello di circa 1500m con un itinerario da circa 12km, con dei tratti abbastanza rischiosi. Spesso gli utenti meno esperti pensano che sia superfluo portare acqua o viveri. Altri escursionisti cercano ristoranti in quota dove a volte ci sono solo dei ripari di emergenza.
L’errore più eclatante è quando si cerca di imitare qualcuno che, pubblicando una foto nei social network, mette in evidenza quanto sia bello un ambiente e quanto è stato “facile per lui” raggiungerlo.
Sostenibilità
Un turismo non sostenibile è anche quello che può danneggiare irrimediabilmente un ambiente, portando in zone tutelate materiali inquinanti, lasciando rifiuti, danneggiando (anche inavvertitamente) i sentieri, infastidendo la fauna e rovinando la flora.
La mia attività per il territorio
Come avevo accennato in apertura dell’articolo, la mia scelta di diventare guida è stata dettata dalla voglia di promuovere il territorio.
Durante tutto l’anno lavoro in un ufficio di web marketing, fotografia e servizi alle aziende. Sono sempre in contatto costante con le informazioni riguardanti le richieste e le proposte dal territorio. Da 4 anni ho iniziato quindi l’attività di guida proprio per questo scopo, frequentando un corso di formazione come Guida AIGAE e Guida del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.
Le attività di una guida AIGAE
In qualità di guida AIGAE (una guida GAE iscritta all’associazione Italiana guide ambientali escursionistiche, quindi AIGAE), come libero professionista, ho la possibilità di proporre le attività come guida per gruppi privati o, come accade spesso, per solo una o due persone (escursionisti che prediligono visitare il territorio in solitaria o coppie). La mia non è una attività che organizza prevalentemente gruppi raccolti in una data fissa, ma una attività pensata per accompagnare il turista nel momento in cui ne ha bisogno, quando si trova in zona. Si tratta perciò di un servizio personalizzato.
Le attività di una Guida del Parco
La responsabilità verso il territorio, la costanza nel divulgare le regole locali, la presenza sul posto per aiutare anche le attività locali. Questo è in sintesi il ruolo della Guida del Parco. Una figura esperta e responsabile che possa aiutare l’Ente Parco nei momenti di divulgazione e che possa essere sul territorio quando le aziende devono organizzare delle attività. La persona con cui ci si può incontrare per parlare o la persona che può fare da interprete ambientale
Un’offerta turistica, per tutti, costante e destagionalizzata
Tramite la presenza di proposte specifiche in determinati momenti dell’anno (come tour di primavera o escursioni sulle montagne in estate, tour fotografici nel foliage o attività di scoperta delle aziende locali) le persone che cercano una “scusa” per uscire di casa trovano svariate proposte che creano anche un indotto economico e che possono rappresentare un volano di ripresa anche per quei territori che vengono penalizzati dalla loro posizione come “area interna”.
Allo stesso tempo la condivisione di foto e i consigli che la guida GAE sviluppa nel web risultano utili a tutte le organizzazioni nella zona, permettendo di promuovere il turismo anche nei confronti di tutti coloro che non sono direttamente coinvolti con il mondo dell’outdoor ma che possono voler condividere una proposta correlata al territorio.
Anche qui occorre stabilire dei limiti e delle regole di buona condotta, occorre identificare gli ambienti che possono ospitare il turista e gli ambienti più fragili che invece dovrebbero rimanere più isolati.
Attività di rete locale
La guida spesso si trova a parlare con altre aziende locali, creando collaborazioni e partnership con alberghi, ristoranti, agriturismi e altre attività turistiche della zona. Si riesce così a ottenere una diffusione delle notizie locali grazie, a esempio, a iniziative come gli sconti reciproci o dei pacchetti combinati per aumentare la visibilità dell’area e attrarre più visitatori.
Alla base di queste attività occorre sempre considerare che la passione è indispensabile. L’amore per la natura circostante e per l’ambiente è un caposaldo delle attività che conducono la guida in montagna e successivamente tutti i visitatori.
Spero che anche voi vorrete conoscere una guida ambientale escursionista nella Valnerina e nei Monti Sibillini, spero che anche per voi possa esserci la passione per andare a passare qualche ora nel silenzio della montagna.
Il Q17 e ” Le guide ambientali escursioniste” saranno disponibili da ottobre. Per gli altri numeri già disponibili dei Quaderni editi da il prato cliccare qui”
Il lato ambientale del PNRR: politiche con (poco) territorio di Alessandro Boldo è il quarto articolo del nuovo Quaderno Q16 “Paesaggi umani, paesaggi urbani” da luglio scaricabile qui
1. PNRR e ambiente
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sciolti momentaneamente i vincoli di bilancio al 2026, dovrebbe garantire l’attuazione di quelle riforme strutturali in grado di riattivare lo sviluppo del paese all’interno dello schema Next Generation Eu e a sua volta nel nuovo paradigma dell’European Green Deal (EGD).
Next Generation EU ha allocato il 37% di 800MM€ a obiettivi di supporto dell’EGD di cui una parte rilevante all’implementazione del PNRR italiano, con l’obiettivo ambizioso di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e ridurre le emissioni climalteranti del 55% rispetto allo scenario del 1990 entro il 2030.
In riferimento alla transizione, l’Italia è il maggiore beneficiario in termini assoluti, con 70 MM€ rispetti i 27 della Spagna, i 18 della Francia; ma in termini relativi l’Italia destina alla transizione il minimo previsto: 37% contro 40% in Spagna, 46% in Francia, 42% in Germania, 59% in Austria.
2. Quale transizione?
La Transizione è già presente all’interno delle maggiori strategie europee degli ultimi 20 anni, la ‘Strategia di Lisbona’ e ‘Europa 2020’. Come rilevato da Schunz (2022) il termine transizione nella prima è associato a riforme strutturali del tipo knowledge-based al fine di abilitare il dinamismo e la competitività economica dell’eurozona; nella seconda gli interventi di natura prettamente economica spostano il campo di policy sulla mitigazione degli effetti indotti dalle crisi finanziarie in particolare quella dei debiti sovrani avanzando due nuove aree d’interesse: digitalizzazione e cambiamenti climatici. Entrambi i linguaggi manifestano asimmetria di azione e subalternità delle dimensioni sociali e ambientali dello sviluppo sostenibile rispetto agli obiettivi di crescita economica (ibid:16). Nella Strategia di Lisbona, i temi ambientali sono confinati in documenti non integrati, su tutti la strategia dello sviluppo sostenibile di Göteborg (2001); in ‘E2020’ lo spazio di policy ambientale è invece utilizzato in modo utilitaristico e si qualifica per mezzo dell’innovazione tecnologica, dell’eco-efficienza e del disaccoppiamento tra crescita e intensità d’uso dell’energia.
I problemi ambientali, principalmente i cambiamenti climatici, si configurano quale finestra d’opportunità per favorire la ripresa e la crescita economica e, quale effetto sottoprodotto, il contenimento delle emissioni climalteranti. Entrambe le strategie hanno di fatto inibito qualsiasi trasformazione nell’ottica della sostenibilità ambientale (forte) e verso misure ambientali più vincolanti, limitandole in modo utilitaristico al fine di abilitare l’eco-innovazione (ibid:10) in supporto della crescita e dell’occupazione.
2.2 Un cambio di paradigma(?)
A partire dal 2019, nuove ‘coalizioni di discorsi’ consapevoli a livello globale della degradazione degli ecosistemi e dell’emergenza climatica pongono l’UE di fronte alla valutazione di un nuovo paradigma: l’European Green Deal (EGD). Di fatto una rottura discorsiva rispetto il passato, l’EGD ha l’ambizione di consegnare alla sostenibilità e alla tutela delle matrici ambientali il riferimento esplicito e quel compito coagulante per tutte le politiche EU ponendo in modo ambizioso le azioni di neutralità climatica nonché preservando la competitività del sistema economico europeo. L’EGD riprende molti stimoli alla crescita via eco-innovazione già presenti nella Strategia di Lisbona e in E2020 cercando di convalidare il ricorrente, seppur discutibile, discorso per cui nel lungo periodo l’innovazione sarebbe in grado di ridurre la tendenza dei rendimenti marginali decrescenti nella produttività nonché ad abilitare crescita e stabilità economica (Bonaiuti, 2013). Il termine transizione è presente 52 volte e qualificato con aggettivi che richiamano la sostenibilità ambientale e sociale, riferendosi principalmente a processi economici, energetici e industriali (Schunz, 2022: 14).
Risultato di una coalizione didiscorsi con alto tasso di intertestualità, transizione ecologica/verde ambisce ad essere il cambio (potenziale) di paradigma che pone la dimensione ambientale della sostenibilità e la giustizia sociale al centro dell’agenda comunitaria, perseguendo un’inversione prospettica già proposta da Marcuse (1998) per il quale sostenibilità (prima di transizione) dovrebbe rappresentare un vincolo, piuttosto che una coalizione di obiettivi.
Se tali discorsi rappresentano una discontinuità rispetto le precedenti strategie, il dubbio ricade sull’atterraggio degli stessi nelle pratiche e negli sforzi implementativi: volgeranno a seguito della path dependance comunitaria verso obiettivi di sostegno alla crescita, oppure saranno abilitanti individuando l’agency in grado di garantire il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi e trasferire i discorsi in pratiche, oppure rappresentano già un’opzione asintotica.
3. Le implicazioni con il territorio
Nel dettaglio delle misure PNRR a maggio 2023 la tutela del territorio ha un tasso di completamento per le riforme normative pari al 97% e 18% per la copertura degli investimenti; le energie rinnovabili vedono il 56% di completamento per le riforme istituzionali e il 14,7% per gli investimenti; infine, l’economia circolare ha completatol’86% delle riforme istituzionali e il 25,4% degli investimenti.
Pare evidente il mismatch tra l’implementazione normativa e burocratica, di fatto completata per intero o quasi, e quella attuativa definita dagli investimenti a garanzia di quello che dovrebbe essere l’impatto trasformativo sui territori. Si possono sommariamente e generalmente delineare in corso d’opera alcuni limiti o basi d’indeterminatezza dei processi attuativi del Piano in termini di appalti, governance e implementazione locale:
l’aggravante delle complesse crisi dello scenario globale, le strozzature dell’offerta e il relativo aumento dei prezzi delle materie prime e dei servizi energetici;
se la frammentazione amministrativa e decisionale è di fatto un limite all’implementazione delle politiche è da verificare se i meccanismi di aggregazione siano gli strumenti preferibili per favorire l’interplay (Young et al., 2008) tra i vari attori o per incentivare l’integrazione degli operatori di gestione[1];
le endemiche difficoltà del tessuto amministrativo-burocratico locale in termini di risorse umane e competenze abilitanti. A breve termine paiono in crisi gli obiettivi di sostegno alla generalizzata e auspicata ripresa economica dell’area UE e la tutela del mercato da un eccesso di domanda; mentre nel lungo periodo le riforme e le transizioni annunciate paiono appiattirsi su proposte elencative già presenti negli archivi degli enti locali piuttosto che sul carattere trasformativo degli stessi così come evocato dagli intenti generali del Piano stesso.
A prescindere dalle argomentazioni e dalle coalizioni discorsive sovraordinate, la transizione del PNRR è una transizione de-territorializzata. Il territorio è di fatto la verifica delle premesse discorsive dell’EGD e degli obiettivi di transizione del PNRR, ma la spazialità e le specificità territoriali del programma paiono assorbite dagli stimoli del mercato, da opere o acquisizioni di procedure legate a processi di innovazione tecnologica, energetica, digitalizzazione e deroga normativa, frettolosamente qualificative come semplificazione burocratica e riforme di governance. Gestione rifiuti, efficienza energetica degli edifici, azioni di mitigazione e decarbonizzazione per mezzo di rinnovabili, rinnovo TPL con mezzi a bassa emissione, filiera dell’idrogeno; persino la “Tutela del territorio e risorsa idrica” privilegiano monitoraggi, digitalizzazione, semplificazioni gestionali e infrastrutture per ridurre le perdite di rete, eludendo finalità e strategie di adattamento e trascurando i nodi irrisolti di implementazione e governance multilivello delle politiche ambientali
Se la questione del territorio, del territorio-complesso, può attivare una domanda di semplificazione (Donolo, 2007), la dipendenza delle politiche territoriali da una primazia e soluzione tecnica e digitale semplifica il rapporto tra prodotto – politiche – territorio subordinando le seconde al grado di innovazione del primo e mantenendo il terzo quale sfondo inerte.
Su scala globale la crisi ecologica coincide con la massima espansione del modello neoliberale di mercificazione ed erosione delle risorse locali e sta in relazione diretta con le crisi economiche per via dei costi crescenti di ristrutturazione delle basi produttive del capitale. Se negli anni ‘70 del secolo scorso la dimensione urbana ha sostituito la fabbrica come terreno privilegiato per cogliere i meccanismi di produzione e sfruttamento, oggi, ridotte (non poco) le soluzioni spaziali del Capitale[2], è la dimensione globale delle crisi ambientali a svelare i riposizionamenti, le tensioni e le contraddizioni intrinseche della catena produzione-valore-merce. Sono approcci piegati ai meccanismi del mercato globale, dove ambiente, sviluppo sostenibile, transizione verde/ecologica non sono più (o ancora) un vincolo per le politiche (Marcuse 1998, EGD 2019), ma costituiscono occasione e pretesto per una rinnovata azione di sustainable capitalism (O’Connor, 2021) in termini di erosione, o di green gentrification in termini di accessibilità.
Forse sostenibilità è in attesa (anche) di transizione, ma di fatto negli ultimi 40 anni le politiche hanno assecondato e rinnovato troppe nominalizzazioni, «troppi incanti rispetto al disincanto che produce» (Attili, 2023 :57) spostando continuamente il focus terminologico senza raggiungere gli obiettivi (ambiziosi) prefissati. Pertanto, se transizione ecologica ha l’ambizione di agevolare azioni di ricucitura e convergenza tra i sistemi territoriali non può manifestare meramente carattere tecnico, performativo o applicativo, ma ambire a istituire processi di territorializzazione (Beccattini 2015), un atto continuo di messa a tema del territorio che favorisca il consolidarsi di una coscienza dei luoghi (ibid). Nei processi di territorializzazione le soluzioni ad alta intensità di conoscenza non sono escluse a prescindere ma s’inquadrano in una piattaforma delle competenze direttamente dipendenti dalle specificità, dalla capacità d’iniziativa e di federazione di attori e risorse e che progressivamente trovano centralità nell’organizzazione dei sistemi sociali. Su queste modalità interpretative il PNRR è carente.
Per scaricare “Il lato ambientale del PNRR: politiche con (poco) territorio” e i Quaderni editi da il prato cliccare qui
Bibliografia
Attili, G. (2023) Cosmogonie del possibile, in D’Ammando A., Morawski T., Velotti S. (a cura di) Urban Forms of life. Per una critica delle forme di vita urbane. Quodlibet Studio, Macerata.
Becattini, G. (2015) La coscienza dei luoghi: il territorio come soggetto corale. DonzelliMilano
Donolo, C. (2007) Sostenere lo sviluppo. Ragioni e speranze oltre la crescita. Bruno Mondadori Editore, Milano.
Marcuse, P. (1998) Sustainability is not enough. Environment and Urbanization, Vol. 10, No. 2, October 1998
Orthothes, Nocera Inferiore Sa.
O’Connor, J. (2021) La seconda contraddizione del capitalismo. Introduzione a una teoria e storia dell’ecologia. Ombre corte, Verona.
Schunz S. (2022) The ‘European Green Deal’ – a paradigm shift? Transformations in the European Union’s sustainability meta-discourse, Political Research Exchange, 4:1, DOI: 10.1080/2474736X.2022.2085121
Sini, C. (2000) Da parte a parte. Apologia del relativo. Edizioni ETS, Pisa.
[1] A esempio, per la gestione dei servizi idrici integrati.
[2] Quantomeno in termini di rendite marginali, mentre per le rendite differenziali l’altro paradigma della ‘rigenerazione’ non garantisce su tutto il territorio alti rendimenti di mercato.
Avevamo già trattato dell’argomento nel corso del Festival ASviS del 2020. In questa nuova edizione del Tè delle 5 torneremo a parlare di turismo e sostenibilità, dando voce soprattutto agli amministratori locali e a esperti del settore.
Spazieremo dall’ospitalità diffusa fino ad arrivare alla “croce e delizia” del rilancio dei territori dopo il Covid.
Cosa possono fare gli amministratori pubblici? Ci sono possibilità turistiche per i Comuni più piccoli e poco conosciuti della provincia Italiana? Il PNRR serve, o non serve per nulla? E’ difficile da gestire per chi ha poche risorse umane nel proprio organico? Quanto può essere importante l’ospitalità diffusa e il Paese Albergo proprio per i Comuni più piccoli?
A tutto questo risponderemo a partire dal 24 maggio per 6 puntate. Saremo, come sempre, online sul canale YouTube (iscrivetevi per avere le notifiche) e sulla pagina FB (seguiteci).
Questo il programma dei nuovi “Tè delle 5:turismo e sostenibilità”
24/05/2022 (ore 17.30) Piergiorgio Dal Ben – Assessore al turismo Comune di Monastier (TV) –
Riscoprire il territorio del Comune del Gioco
27/05/2022 (ore 17.30)Chiara Pegge – Presidente ScriptaXmanent (PD)-
La musica per le api e il valore del territorio alpino
06/06/2022 (ore 17.30)Carlo Frascà – Responsabile progetto Paese Alberga di Caulonia (RC) – e Rosario Zurzolo – Titolare Cooperativa Jungi Mundi di Camini (RC)-
Al principio erano 3. Le tre R che rappresentavano i principi cardine del rispetto dell’ambiente:
Riduci la quantità di rifiuti che produci. Un riconoscimento della difficoltà di un mondo senza rifiuti, ridurre non è il massimo che si possa ottenere ma sicuramente è il principio cardine per iniziare a gestire i passi successivi.
Riusa per uno scopo diverso quello che già possiedi e che non è più utile per lo scopo iniziale. Un prolungamento della vita di quello che possiedi. Regala o scambia quello che a te non serve più, ma che può invece servire ad altri
Ricicla tutto quello che non puoi riusare, attraverso la suddivisione dei rifiuti e il compostaggio
Con l’aumento della consapevolezza, sono state introdotte altre due R. Il cambiamento di principio è evidente, in quanto i nuovi concetti hanno un impatto potenziale importante sul mercato, e quindi sull’economia mondiale.
Recupera / Ripara. Quasi un’estensione di Riusa / Ricicla, con la consapevolezza che il nostro pianeta non è un mondo a “risorse infinite”, e che il concetto di “buttalo e comprane uno di nuovo, tanto costa meno che ripararlo” non è praticabile all’infinito. Pensate solo a quante stampanti avete cambiato.
Rifiuta l’acquisto di prodotti che non abbiano la possibilità di essere Riusati / Riparati. Il rifiuto è destinato a diventare la regola cardine, la prima della lista, quella che può effettivamente cambiare il modo di concepire la produzione di beni, non fosse che …..
…. Non fosse che la consapevolezza va a scontrarsi con una variabile molto potente: il prezzo. Comprare prodotti usa e getta fa bene all’economia, i prodotti usa e getta costano poco, sono sempre nuovi, e soprattutto fanno lavorare l’industria, e con l’industria fanno lavorare noi. Di fronte a questo la nostra consapevolezza si affievolisce, la responsabilità personale viene sostituita da un concetto più generalista che demanda ai Governi il ruolo di prendere delle decisioni, trasformandoci da attori del cambiamento a spettatori passivi delle scelte di altri.
Un passo indietro
Dobbiamo fare un passo indietro, per comprendere questo concetto, e capire cosa abbiamo sbagliato.
Negli anni ‘60 e ‘70, quelli del boom economico, l’orientamento era indirizzato alla produzione di beni di consumo accessibili a tutti. Una casa per tutti, con bagno, riscaldamento, elettrodomestici. Un’automobile per tutti, liberi finalmente di spostarci e di viaggiare. Ovvietà, al giorno d’oggi, ma non quando la spirale dei consumi è iniziata. Energia, ne serviva tanta di energia, ma l’accesso ai combustibili fossili la rendeva economica, facile da avere. La plastica sembrava un modo democratico di produzione di beni durevoli e a basso costo e l’inquinamento un prezzo accettabile da pagare.
Oggi sappiamo che non era così, e che l’uso sconsiderato di energia – un’energia che i paesi del primo mondo utilizzano in maniera estrema e che i paesi emergenti vogliono poter utilizzare anche loro allo stesso modo – ha spostato l’equilibrio termico del pianeta, e lo ha fatto in un modo molto più veloce di quanto ci si aspettasse. Il problema di fondo, che viene spesso deviato su questioni “secondarie” è che in questo momento, con la riduzione di quegli specchi naturali che sono i ghiacci, il nostro pianeta riflette molta meno energia solare di quanto facesse in passato, e si scalda perciò sempre più velocemente, rendendo quasi patetico il pensiero di “fermarsi” ai consumi energetici attuali.
Non è più un problema di “risorse energetiche”, il punto è che l’utilizzo di quelle risorse dovrà scendere drasticamente, per poter anche solo immaginare di rallentare il riscaldamento del pianeta.
Un nuovo modo di pensare – La sesta R
Non si tratta più solo di ridurre i consumi di energia, si tratta di Ripensare, Riprogettare, Ridisegnare un modo di vivere, dandogli una forma che al momento non possiamo neppure immaginare.
L’idea che possiamo “mantenere lo status quo” in un modo “più rispettoso dell’ambiente“ è una contraddizione in termini, che non ci porterà da nessuna parte. Certo, pensare Green è importante, fare la propria parte è importante, perché fa crescere la consapevolezza, ma “mettersi a posto la coscienza” non ci porterà da nessuna parte se non cominciamo a pensare che la nostra vita dovrà cambiare radicalmente, che ci piaccia oppure no. La nostra vita cambierà comunque, è ineludibile
Lasciate ogni speranza ….? Assolutamente no. Abbandonare la tecnologia? Neppure. Sarà proprio la tecnologia, in mano a menti meno condizionate delle nostre, la speranza di una evoluzione del nostro modo di vivere.
Un modo di vivere diverso, che non sono in grado di raccontare. Per ora lo posso soltanto immaginare …..
100 ore per l’Ambiente, l’evento che si è svolto dal 5 al 9 giugno, il cui titolo completo eraCi vuole un fiore- 100 ore per l’ambiente. L’intero calendario delle cinque giornate è stato inserito nel programma del Festival Asvis – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile. Il festival è l’evento italiano più importante dedicato all’ Agenda 2030.
In effetti può bastare un fiore come per la foto di copertina, per cambiare la prospettiva. I fiorellini blu si trovano davanti a una zona devastata in Italia. Non faremo vedere la devastazione, non preciseremo il luogo, ciò che basta sapere è che “Ci vuole un fiore”
Abbiamo raccolto gran parte degli interventi delle 5 giornate, che si sono svolte al Negozio Piave 67, in un video di qualche minuto, tra un paio di mesi usciremo con una pubblicazione. Ciò che resta importante e che è emerso con prepotenza durante le giornate è che per l’ambiente ma soprattutto per l’umanità “non c’è più tempo” e che “dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare” e di conseguenza di agire
Ma… può bastare un fiore per ricominciare? No, non è per nulla sufficiente, resta in ogni caso una speranza da cui ricominciare. Speranza da supportare con azioni concrete, come abbiamo capito a giugno.
Buona visione e a presto – un paio di mesi – con la raccolta degli interventi
Finalmente è uscito il nuovo Quaderno,L’Uomo di Plastica, un titolo che racchiude i molteplici contenuti che troverete. Un Quaderno, questo numero 9, con una miriade di sfaccettature che ripercorrono il nostro Manifesto e sottolineano il “Facilitare l’interazione tra il mondo della cultura e il mondo delle aziende per crearenuove opportunità economiche partendo da ciò che già esiste.” Un percorso iniziato due anni fa e in continua evoluzione. A volte con qualche momento di stallo e di stanchezza ma per poi riprendere sempre con maggiore entusiasmo.
L’ Uomo di Plastica sottolinea maggiormente la relazione tra territorio/cultura e la relazione sempre più complicata tra Uomo e Ambiente. Se dovessimo dire in due parole, veramente due, il focus di questo numero diremmo certamente Alberi e Plastica. Alberi e Plastica tratteggiati ora come racconto, ora come poesia, ora come fatti di cronaca, ora come racconto di fantascienza. Gli Alberi e la Plastica diventano per gli autori il veicolo per parlare a tutto tondo di cultura e rilettura dei territori, di emergenze ambientali e di possibili correttivi, di uomo essere senziente ma anche di plastica, un non-uomo, essere inconsapevole che non vede o non vuole vedere.
Il punto di vista aziendale
Il Quaderno si arricchisce anche di un punto di vista aziendale da parte di una importante azienda veneta che si occupa di sistemi di automazione per la trasformazione delle materia plastiche. Le aziende di oggi sono responsabili della contaminazione plastica? Se sì, in quale misura? Stanno apportando dei correttivi? Oppure quello che è sotto i nostri occhi è il risultato di una mancanza di visione che ci porta indietro agli anni sessanta,quando Giulio Natta viene insignito del Premio Nobel per la Chimica per la realizzazione del polipropilene e del polietilene ad alta densità?
Al solito poniamo delle domande, al solito il nostro scopo non è tanto dare risposte ma quanto provocare un pensiero autonomo e critico. Contiamodi esserci riusciti anche con L’ Uomo di Plastica