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E venne il giorno

E venne il giorno, articolo dal Q9 (2018) che spazia dal film di M. Night Shyamalan alla catastrofe di Vaia per porre l’accento sulla relazione tra essere umano e territorio. Alla mancanza di capacità (e di strategia) di  valorizzarlo – assieme ad arte e cultura – e di renderlo un vero patrimonio per un turismo sostenibile. Vi sono esempi virtuosi? Sì, per fortuna ci sono. Nell’articolo un esempio in Umbria e l’altro in Trentino. Buona lettura.

E venne il girno. Fotogramma dal film
An inexplicable and unstoppable event threatens not only humankind . . . but the most basic human instinct of them all: survival.

New York, Central Park.
Una mattina come tante. Gente che corre,gente che legge, passeggia. La normalità. È in questa normalità che iniziano ad accadere stranezze.
Persone che si immobilizzano improvvisamente, camminano all’indietro, cadono in un palese stato confusionale.
Fino a quando cominciano a togliersi la vita nei modi più assurdi.
Si scatena il panico a New York e nel resto della nazione.


La prima ipotesi è un attacco terroristico ma man mano il contagio si espande in altre città e l’ipotesi viene accantonata. Inizia la fuga dalle città ma, stranamente, anche i centri più piccoli sono contagiati.
Nei protagonisti una illuminazione: si tratta di una neurotossina prodotta dalle piante.
L’attacco come è iniziato si blocca improvvisamente. Scampato pericolo? Non proprio, è stato solo un primo avvertimento. Il film si chiude con una scena simile alla scena iniziale di Central Park, questa volta siamo a Parigi.
L’avvertimento non è stato sufficiente, la Natura si sta difendendo dalla minaccia rappresentata dall’Uomo.

Vaia

Ci spostiamo in Italia, sulle montagne del Nord Est e sulle coste venete. Non ci sono state vittime tra gli uomini ma una strage tra alberi e animali che non hanno trovato scampo alla furia del vento e dell’acqua. Negli occhi di tutti ci sono le immagini degli abeti abbattuti, la foresta dei violini, dove Stradivari si recava a scegliere il legno migliore per costruire i suoi strumenti.

Non tutti si sono resi conto di ciò che avveniva a valle e di quanto i fiumi in piena scaricavano sulle coste. Una montagna di legname, pesci che sono stati portati a riva e una quantità incredibile di plastica. L’intrico di rami e plastica aveva un che di irreale. Se da una parte è stata la furia della Natura, dall’altra l’uomo (italiano) ci ha messo la sua.

E vnne il giorno. Foto spiaggia con detriti e plastica

Strano paese l’Italia.
Un patrimonio ambientale e culturale immenso, mari, monti, laghi, architettura, opere d’arte eppure questa Italia continua a non valorizzare, peggio a distruggere, ciò che ha. Voglio immaginare che il Turismo che faceva capo al Ministero dei Beni Culturali sia stato assorbito dal Ministero dell’Agricoltura per valorizzare meglio il territorio, ma sto solo immaginando (sperando?). Ciò che è nato, hanno commentato alcuni, è il Ministero dell’Agriturismo e, senza nulla togliere agli agriturismi, la visione turistico-culturale-strategica non si capisce quale sia. Magari sono io a non capire, anzi sono sempre io, in molti degli ambienti che frequento,
tentando di portare una voce esterna, tentando di capire cosa vorrebbe un potenziale turista, risulto molto spesso poco allineata al sentire comune.

Uomo, ambiente e arte/cultura

Una diversa fruizione del territorio e della cultura di un territorio non è impresa impossibile.
Lo stesso Progetto Re-Cycle, l’associazione, ha avuto inizio con una rilettura, con il PRIN Re-Cycle Italy, in chiave nuova di quanto c’era
già a disposizione in termini di conoscenze, strutture, territori.
In progetti di questo tipo c’è sempre un grande coinvolgimento di università, di aziende, e poi? Belle conferenze, pubblicazioni (chissà
chi le leggerà, o forse fanno punteggio?) …e? Ci si dimentica sempre di una cosa, la base di tutto, e cioè chi dovrebbe essere il fruitore finale.

Vogliamo chiamarlo cliente? Turista? Più semplicemente persone (penso ai tanti stranieri) con il desiderio di conoscere la grande cultura della nostra penisola? Tanto per chiarirsi: l’Italia offre di tutto. Oltre ai musei più classici e belli, alcuni poco conosciuti (sto pensando al Museo di Este e al patrimonio culturale e artistico che c’è sotto il suolo di Este, il quartiere residenziale Romano in mezzo alle villette anni 6o ne è un esempio) ci sono alternative meno, chiamiamole, istituzionali.

E venne il giorno. Scavi romani in centro a Este

Ci riempiamo la bocca di musei diffusi, musei etnografici, ecomusei ma qualcuno si è mai chiesto una banalità: ma come ci arrivano lì quelle persone? Ci sono collegamenti stradali, mezzi pubblici? Come promuovo il mio museo diffuso, ecomuseo, che non fa parte di un circuito famoso?
In questi ultimi anni ne ho visitati più di qualcuno di questi musei.
Onestamente di alcuni non ricordo proprio nulla. La solita storia trita e ritrita del bel tempo che fu (era poi così bello? Non ne sono sicura), gli antichi mestieri, i giochi di una volta (una volta…quando?). Personale, molto spesso volontario e del tutto inadeguato, carenza di informazioni,
orari di aperture e chiusure “in libertà”. Forte sensazione che una volta finiti i finanziamenti, la cosa sarà fatta morire di morte naturale.


Il rischio che vedo in questo tipo di approccio è trattare la cultura del territorio non come aggregazione di una comunità ma solo come un racconto del “bel tempo che fu” dimenticandosi di lavorare su una cultura come elevazione di un popolo.
Insistere su dei microcosmi, su piccole enclave che sono simili tra loro, ma preferiscono vedere le differenze più delle similitudini, porta a una chiusura, a voler salvaguardare il proprio orto piuttosto che addentrarsi in un mondo più vasto.
Un mondo che invece è fatto di relazioni, di un flusso continuo di dare e avere, di causa ed effetto. I cambiamenti climatici (anche se c’è chi lo nega) che hanno colpito a monte, hanno dimostrato tutta la noncuranza dell’uomo anche a valle, anzi a riva, arenando oltre ai detriti una montagna di plastica.
Era “plasticamente” visibile la colpa della chiusura e “dell’orto”.

Museo della Canapa

Ciò non significa che non vi siano esperienze positive di “riciclo” della cultura di un territorio. Come esempio (quasi) positivo posso citare il Museo della Canapa a Sant’Anatolio di Narco (PG).

Sapevo già qualcosa sulla canapa che avevo intercettato in bioarchitettura e per le bioplastiche, sulla sua funzione di pulizia del terreno e dell’utilizzo pressoché completo di tutte le parti della pianta. Al museo mi si è aperto un mondo anche sui filati di canapa. Alla fine ho anche scoperto di avere un asciugamano della mia bisnonna che era tessuto proprio in canapa.
Belli anche i materiali multimediali, le sale con le attrezzature, buona la crostata in parte impastata con la farina di canapa, suggestiva l’installazione delle Spinning Dolls che ricordava dei dervishi danzanti.

Spinning dolls che ricordano dervishi danzanti

Perché il mio “quasi” allora? Se un amico non mi avesse detto dell’esistenza del museo non lo avrei mai scovato, arrivarci non è del tutto
intuitivo. Questo museo ha per davvero lavorato sul “riciclare/ recuperare” le conoscenze e valorizzare con esse il proprio territorio e resta in ogni caso un buon esempio di racconto del territorio partendo da ambiente e tradizioni.
Con qualche piccola accortezza in più, tipo parcheggi, segnaletica potrebbe incentivare più persone, non del posto, a visitarlo. Ancora una volta l’urgenza di “aprire” maggiormente verso l’esterno.

Aggiornamento del 2025: il sito del museo è stato risistemato ed è stata inserita la scheda Maps

Arte Sella

Un’alternativa meno canonica alla cultura del territorio, anzi meglio territorio e cultura, si trova in Trentino. Esempio di un approccio all’ “Arte dell’Ambiente” è il bellissimo e conosciutissimo Arte Sella. Arte Sella non ha bisogno di presentazioni Mi soffermerò pertanto solo su un particolare: la facilità di raggiungere Arte Sella e l’armonia che regna in tutto l’ambiente, dalle strade ai ristoranti, ai parcheggi che si incontrano prima di arrivare ad Arte Sella. E’ la realizzazione di un concetto che mette insieme Uomo, Ambiente, Arte ed Economia di un territorio dove uno è di supporto all’altro. Una possibilità di sviluppo di un territorio in modo bello, sostenibile ed economicamente e culturalmente rilevante da esportare, declinato in modi adatti per ciascun luogo, in altre parti d’ Italia.

Arte Sella

A meno che non sia già tardi. Anche Arte Sella è stata danneggiata dal maltempo. Gruppi di volontari si stanno dando da fare per riportare tutto all’originaria bellezza. Sicuramente tornerà tutto bellissimo. Ma… E’ stato un caso eccezionale o un avvertimento?

E venne il giorno ….

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La prima foto è tratta dal web ed è un fotogramma del film: Tutte le altre foto sono di Antonella Grana ed Ermes Tuon.

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