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Era già tardi sei anni fa

Era già tardi sei anni fa. Oggi dove siamo?

Non sembra essere cambiato molto in questi ultimi 6 anni. Il 29 Ottobre 2018 la tempesta Vaia abbatte 14 milioni di alberi nelle Alpi. È solo il primo dei tanti eventi estremi che soprattutto negli ultimi due anni hanno devastato con una frequenza sempre maggiore non solo il nostro paese, ma l’intero pianeta. L’anno più piovoso, più arido, più caldo, più freddo degli ultimi xx anni è quello che sentiamo dire quasi quotidianamente nelle news, tanto da non farci quasi più caso, come se questo tipo di informazioni sia diventato parte ormai del “rumore di fondo” quotidiano.

Cinque anni fa, quasi esattamente un anno dopo Vaia, ci siamo incontrati per fare il punto sulla situazione durante l’evento “Ci vuole un Fiore – 100 ore per l’ambiente. Da quei cinque giorni è nato il nostro Quaderno 11: “È già tardi?Ci vuole un fiore – 100 ore per l’ambiente”

Oggi iniziamo con il condividere uno degli articoli del Quaderno, legato all’ambiente attraverso il mondo delle Guide Locali di Google Maps e agli strumenti tecnologici ad esso collegati.

Vale la pena di “Pulire il mondo?” 

Gli strumenti tecnologici – breve introduzione

Il mio approccio personale, e poi quello di Progetto Re-Cycle, alla tecnologia digitale di Google Maps, nasce dopo il sisma del 2016 in Marche, Umbria e Lazio. Cercavamo uno strumento che ci permettesse l’interazione / integrazione con il territorio, e la diffusione delle informazioni in modo visuale. Da qui la scelta di entrare nella community di Local Guides, dove poter interagire direttamente con Google. Non lavoriamo per Google, ma ne utilizziamo gli strumenti (accessibili a tutti) e proponiamo miglioramenti, che talvolta vengono accolti.

Era Dicembre 2018 quando, nel Quaderno 9 “L’uomo di plastica” raccontavamo di Local Guides Clean the World. Ve le ricordate, le Guide Locali che puliscono il mondo, come ci ha chiamato TeleVenezia dopo la pulizia della spiaggia di Jesolo?

Era già tardi sei anni fa. Spiaggia devastata

Bene, eccoci ancora qua. Nel frattempo qualcosa è cambiato, qualcosa è cresciuto, non solo sotto l’aspetto dimensionale (gli interventi di pulizia da 50 che erano sono quasi triplicati) ma soprattutto nell’aspetto qualitativo. Parliamo ancora di pulizia, ma nel frattempo abbiamo iniziato a farci, e a fare, altre domande:

  • Vale la pena di pulire? In questo modo, non facciamo da sponda a chi, forte del fatto che qualcuno pulirà, continua a non prendersi cura dei propri rifiuti, o peggio, continua a lanciarli dalla macchina invece di conferirli in modo appropriato? Quello che noi facciamo, come volontari, è probabilmente rimuovere uno zero virgola di tutti i rifiuti abbandonati Perciò, perché lo facciamo? O meglio, “perché lo fate” come ci chiedono in molti? “Perchè lo fate?” è la domanda/risposta che mi viene più spontanea, e che vorrei rivolgere io a chi lancia i rifiuti dal finestrino.
  • Non ci sono altri modi? Modi più istituzionali, e più efficaci? Sicuramente sì. Il primo si chiama educazione. Educazione alla consapevolezza, più che educazione civica. Alcune delle storie che state leggendo in questo quaderno ci parlano di una macchina in discesa, con i freni oramai consumati, che si sta indirizzando sempre più velocemente verso il precipizio. Quella macchina siamo noi, stiamo frenando con i piedi, e dobbiamo esserne consapevoli. Non stiamo guardando un film apocalittico, siamo noi i protagonisti, che ci piaccia o no, di quel film. E alla fine del film, quella parola sullo schermo scritta in grande non ci permette di uscire dalla sala. Quella parola va capita nel suo pieno significato: FINE

Perciò la consapevolezza è il primo, piccolo passo, che tutti dobbiamo fare. Un passo che da solo ci porterà a compiere tutti gli altri passi necessari.

  • Ma come facciamo noi da soli a farci carico di tutto questo? Non ci sono Enti, Governi, Istituzioni Nazionali e sovranazionali, che dovrebbero farsi carico di questi argomenti? Sì, ci sono. Sono eletti da noi, e pagati da noi, e per poterli indirizzare noi dovremmo essere consapevoli. “A ognuno il suo”, era solita dire mia mamma. “Tu fai la tua parte, e vedrai che gli altri faranno la loro”. Cito ancora dal Quaderno 9 “se ognuno di noi si prende cura della propria Casa, possiamo certamente dire che tutti assieme puliamo il mondo

Puliamo il mondo. Questo ci fa tornare al punto di partenza, a quelle “Guide Locali che puliscono il mondo”, in una commistione fra tecnologia, quella di Google Maps, e volontariato, quello delle persone che con i loro contributi aggiornano le informazioni. Perciò, da Guida Locale, mi pongo un’altra domanda. Una domanda che in realtà ho già fatto, non a me stesso, ma direttamente a Jen Fitzpatrik, Vice Presidente senior di Google Maps. Era il 18 Ottobre 2018, il luogo Silicon Valley e l’evento era Connect Live, una tre giorni di incontri ai quali Google aveva invitato le 150 migliori Guide Locali del Mondo.

  • Cosa fa Google Maps per l’ambiente?al momento non abbiamo un programma” è stata la risposta. “Va bene, allora cercherò di prepararne uno io” è stato il mio pensiero, al quale ho iniziato a lavorare proprio da quel 18 di Ottobre. Da qui nasce “Waste report on Google Maps

Lo avevamo anticipato, mentre era in via di elaborazione, nel Q9C’è anche un progetto più importante, ma è prematuro parlarne adesso, spero però di poterne scrivere tra qualche mese

Waste report

Perciò, eccoci qua. A raccontare di come una App unica, diffusa in tutto il mondo, che tutti abbiamo già, potrebbe domani diventare la nostra interfaccia con chi i rifiuti li dovrebbe raccogliere. Al momento è un’idea, o per meglio dire una proposta, per aggiungere una piccola ma importante funzione a Google Maps: un pulsante per segnalare i rifiuti abbandonati.

Ce ne sono tante di App per l’ambiente, perchè una in più? Me la sono sentita fare cento volte, questa domanda, da quando ho lanciato la proposta, e aperto il dibattito nella community delle Local Guides. Proprio perché ce ne sono tante, ognuna legata alla propria zona, una diversa dall’altra, ognuna da scaricare. E mi sono immaginato uno di noi che, in viaggio, si imbatte in un sacco di rifiuti abbandonati e, con profondo senso civico, cerca di:

  • capire dove si trova
  • scoprire chi si occupa dei rifiuti in quella zone
  • trovare il sito e scaricare l’App di segnalazione, per poter finalmente inviare una foto.

Voi lo fareste? Quante volte, durante un ipotetico viaggio di 300 chilometri, sareste disposti a ripetere la stessa procedura? Perciò sì, un’App globale, non una in più. Una App che tutti noi abbiamo già, con una funzione in più: Segnalare.

Non è necessario che io sappia a chi inviare la segnalazione: in base alla mia posizione, l’informazione verrà inviata all’autorità locale competente. Questo semplifica il ruolo dell’utente e lo rende possibile ed efficace

In questo modo riempi la mappa di immagini di rifiuti, è la seconda obiezione, penalizzando il turismo. Nessuna immagine sarà mostrata. Lo scopo delle immagini è semplicemente di informare chi deve intervenire su cosa si deve aspettare. Al contrario, la mia aspettativa è di poter creare, con l’aiuto di questi dati (numero di segnalazioni, tempo di reazione, ecc.) una mappa che ci aiuti a capire meglio i comportamenti globali nei confronti dell’ambiente, ma anche l’efficienza delle strutture di raccolta, in modo da poter servire per aiutare a migliorare il sistema globale di gestione dei rifiuti

Era già tardi sei anni fa. Waste reporting

Una mappa che, attraverso la raccolta di dati statistici, potrebbe raccontarci molto sulle abitudini, ma anche sulle criticità di un’area, e sulla effettiva efficienza di un sistema. Una mappa che potrebbe risultare premiante, anche con un ritorno sul turismo, per chi agisce in modo efficace.

Non a costo zero, come mi piacerebbe dire, ma sicuramente con un costo molto inferiore di quello attuale, in cui ognuno “fa da se” senza interessarsi di quello che accade fuori del proprio orticello.
Solo una proposta, per oggi. Se domani però, nell’aprire la vostra App di navigazione, dovreste trovare un pulsante con scritto “segnala rifiuti”, beh, ricordatevi di questo articolo. Potrete anche voi dire “io lo sapevo già

Questo lo scrivevo sei anni fa. Ora vi ripeto: “Era già tardi sei anni fa. Oggi dove siamo?” Voi, come state agendo?

Per leggere tutti i Quaderni disponibili cliccate QUI

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Mappe digitali, inclusione e turismo

Mappe digitali, inclusione e turismo, secondo articolo del Q14 “Dal turismo di massa al turista consapevole”

Ci sono molti modi in cui inclusione sociale, sostenibilità ambientale, territorio e servizi digitali possono essere coniugati.

Soprattutto inclusione sociale e sostenibilità ambientale sono elementi che spesso vengono guardati con sospetto o con fastidio dalle attività commerciali, come se la prima parola da associare a queste fosse “costi”, e la seconda “imposizioni”: “rendere un luogo Inclusivo, Accessibile e Sostenibile significa spendere, ma devo farlo perché mi viene imposto”.

Ho perciò voluto partire da qui costruendo questo articolo come un percorso attraverso una sequenza di parole chiave collegate tra di loro da una sequenza logica.

Mappe digitali, inclusione e turismo

Parole sbagliate = Percezione sbagliata

Ci sono molti errori dietro a questa affermazione sui costi, il più grande di tutti è la disinformazione che fa percepire come obblighi e costi quello che dovrebbe invece essere considerato come opportunità e investimenti. Eppure basterebbe semplicemente cambiare alcune parole per iniziare a cambiare questa percezione. Vediamone alcune

Mobilità limitata

Spesso viene confusa con disabilità, e di conseguenza “accessibilità di un luogo” viene declinata come “una serie di elementi che rendono il luogo accessibile ai disabili“. È indiscutibile che la maggior parte dei disabili fisici abbiano una mobilità limitata, ma è altrettanto vero che questa è una condizione che si può attribuire ad una platea molto più vasta, e che di conseguenza l’accessibilità rende un luogo fruibile a molti più utenti di quelli associabili alla disabilità. Questo non significa penalizzare la disabilità. Al contrario, ampliare la platea di utenza significa avere a disposizione molti più spazi accessibili.

L’esempio più banale è quello delle famiglie con bambini piccoli e carrozzine al seguito, ma potremmo parlare anche di anziani che trovano impegnativo fare le scale, o di persone che hanno subito un intervento chirurgico e che per un certo periodo si ritrovano ad avere un limitazione della loro mobilità.

Destinazione Accessibile

Nel contesto di “destinazione accessibile”, soprattutto quando si parla di viaggi e di turismo, si tende a pensare che la destinazione del viaggio sia l’albergo, o comunque il luogo in cui soggiornare. Non so voi, ma io di solito viaggio per raggiungere una località geografica e il luogo in cui soggiorno è solo una piccola, anche se importante, parte del mio viaggio. Sono rari i casi in cui il viaggio ha come destinazione il luogo in cui stare (un resort, un campeggio). Sono molto più comuni i casi in cui il primo passo sarà “Voglio andare a..” e quello successivo “vediamo dove posso alloggiare”. In un soggetto con limitata mobilità cosa motiverà la scelta di una determinata destinazione? L’accessibilità del territorio da visitare o la presenza di un alloggio accessibile?

Territorio Accessibile

Eccoci arrivati alla più critica di queste parole chiave: il Territorio. Critica perché difficilmente compresa, e perché delega a questo le pubbliche amministrazioni, talvolta poco attente e spesso oberate da altro. Il territorio “Accessibile”, per tornare al discorso iniziale, viene spesso interpretato come un costo, senza la considerazione dei vantaggi che un territorio accessibile potrebbe portare alla comunità.

Un territorio, che spesso è accessibile “de facto”, anche se queste informazioni sono spesso conosciute solo dai “locali” e non vengono in nessun modo formalizzate e comunicate, per renderle fruibili a chi debba spostarsi nell’area. Uno dei problemi nasce dalla difficoltà di definire l’accessibilità di un’area aperta, in quanto si tratta di combinare elementi strutturali oggettivi, quali rampe, pavimentazione, parcheggi, con quelli “soggettivi” dell’utenza, quali dimensioni o presenza di servizi.

Informazione e Comunicazione

Come scegliamo una Destinazione Accessibile? Dal punto di vista logistico la cosa è abbastanza facile, in quanto in molti paesi l’accessibilità -anche se in Italia esistono molte deroghe – delle attività commerciali è obbligatoria.

La parte più critica è quella legata alla ricerca di aree accessibili all’aperto (parchi, spiagge, oasi naturali). Le informazioni, che di solito si trovano su siti web indirizzati ai disabili, sono estremamente frammentarie, e spesso chi non è disabile non le trova. Se fate una ricerca su Google su “parchi accessibili” troverete quattro siti web, con una parte descrittiva più o meno breve e pochissime immagini. Il quarto addirittura fa solo un elenco, senza nessuna spiegazione dei luoghi.

La seconda è la comunicazione, o meglio la sua mancanza. Comunicazione che comunque difficilmente può essere fatta se non c’è un’informazione da comunicare. Il focus è perciò non solo quello di creare un territorio inclusivo, ma anche quello di mettere insieme una serie di informazioni che possano informare chi ne vuole usufruire, e poi mettere insieme gli strumenti necessari a comunicarlo. Le informazioni devono necessariamente essere accessibili a chi le cerca. È perfettamente inutile avere un parco accessibile se non lo sa nessuno.

La terza è la “qualità” dell’informazione, alla quale è dedicato il prossimo capitolo

Mostrare invece di Raccontare

Raccontare soprattutto per immagini, si potrebbe anche dire, invece che con le sole parole.

Le persone con “Mobilità Limitata” sono una platea molto vasta, con caratteristiche e bisogni molto diversi, e quello che può essere accessibile per alcuni potrebbe non esserlo per altri. Fornire un set completo di informazioni significa perciò combinare diversi elementi, in modo da dare la possibilità all’utente di decidere se un certo luogo è “Accessibile per lui/lei”. Anche se gli elementi che compongono un’area aperta dovessero essere tutti conformi agli standard ADA, questo non significa automaticamente che chiunque possa essere in grado di visitare tutta l’area.

Non sta a noi decidere che “questo è un luogo accessibile”. Il nostro compito deve essere quello di mostrare il luogo, fornendo quelle informazioni che possano aiutare chi vuole visitarlo a decidere. Le informazioni includono una varietà di dati che devono necessariamente includere:

  • Geolocalizzazione e mappa dettagliata del luogo
  • Documentazione con immagini e descrittiva dei servizi (Parcheggi, trasporti pubblici, bagni, punti di ristoro)
  • Documentazione con immagini e descrittiva dei percorsi (lunghezza, tipo di pavimentazione, pendenze)
  • Documentazione con immagini e descrittiva dei punti di interesse (cosa andiamo a vedere)

Questo può aiutare una persona a decidere se le interessa visitare il luogo, se è in grado di raggiungerlo autonomamente, se è in grado di percorrerlo completamente o in parte, se i servizi a disposizione sono sufficienti per le sue esigenze.

Spesso questa necessità di avere a disposizione tutte le informazioni per poter decidere viene dimenticata, e sostituita da una generica affermazione che “il luogo è accessibile”. Documentare un luogo accessibile significa dare delle informazioni qualitativamente buone e complete

Mappe digitali, inclusione e turismo

Inclusione e Sostenibilità

Sostenibilità è una delle parole più abusate di questi giorni, per cui ho voluto tenerla verso la fine di questo percorso, quasi a racchiudere il tutto. Secondo UNWTO (L’agenzia delle Nazioni Unite per il Turismo), il turismo sostenibile è un turismo “consapevole del suo impatto economico e ambientale”. È perciò un turismo che ha “responsabilmente” un minor impatto sul territorio, esattamente l’opposto del turismo di massa. Un turismo a basso impatto ambientale è un turismo sparso sul territorio, che privilegia ambienti inclusivi, alloggia a basso impatto ambientale. Il turismo sostenibile è per sua natura un “turismo inclusivo” e lento, che si trattiene di più in un territorio, a patto che i servizi offerti dallo stesso lo rendano fruibile. Inclusione e Sostenibilità sono le parole chiave di un’area che vuole diventare la destinazione di un turismo Sostenibile. Inclusione e sostenibilità che si riferiscono sia ai servizi di accoglienza che al territorio e i suoi prodotti.

Servizi di Mappatura e Pubbliche amministrazioni

  • Fruizione del territorio inclusivo. Fino ad ora ci siamo focalizzati soprattutto sul turismo, ma non dobbiamo mai scordare che i primi a fruire del territorio sono le persone che ci vivono. Creare un territorio inclusivo significa perciò prima di tutto creare un servizio per i propri cittadini.
  • Il “cittadino temporaneo” è una definizione molto utilizzata in Progetto Re-Cycle (grazie a Lucia Ammendolia) che sposta l’ottica con cui guardare al Turista (lento) e al tipo di servizi da offrire. Il Cittadino Temporaneo è un turista che “vive” il territorio nella sua interezza e in tutti i suoi aspetti, ed è un turista che “ritorna” nei luoghi in cui si sente a casa.
  • La Mappatura, o per meglio dire la Condivisione Delle Mappe, è un servizio che una pubblica amministrazione può fare con facilità estrema, semplicemente rendendo fruibili le proprie mappe all’interno del sistema di mappe più utilizzato al mondo: Google Maps. In un mondo in cui tutti creano nuove App “esclusive” da scaricare per visitare il proprio territorio, il concetto di “includere” le proprie mappe all’interno di una App che i vostri visitatori hanno già, e che probabilmente è la stessa che stanno utilizzando per raggiungere il vostro territorio, sembra avere una valenza quasi rivoluzionaria. Inoltre, si tratta di un servizio al quale qualsiasi pubblica amministrazione può accedere gratuitamente, attraverso un servizio dedicato proprio alle amministrazioni pubbliche e alle associazioni. Noi lo abbiamo fatto per il comune di Bolognola, e in due giorni tutti i sentieri del comune facenti parte del Parco Nazionale dei Monti Sibillini erano già disponibili in Google Maps.

Mappe personalizzate

Per Mappe Personalizzate intendiamo quelle di cui abbiamo parlato in precedenza, utilizzate per descrivere nel dettaglio i territori Inclusivi.

Si tratta di mappe che possono essere costruite da singoli soggetti, siano essi volontari, scuole, associazioni, e così via, aggiungendo alle mappe tutte le informazioni necessarie, sotto forma sia di immagini che di testo. Le mappe utilizzano un altro strumento pubblico reso disponibile gratuitamente da Google (Google My Maps), e possono essere facilmente inglobate all’interno di siti web, che potrebbero essere sia quelli dei comuni che desiderano far conoscere il loro territorio che quelli di attività di accoglienza che desiderano offrire ai loro clienti un servizio inclusivo in più.

Mappe digitali, inclusione e turismo

Accessible Life

Nato con il nome di “Di sentiero in sentiero” il programma nasce dalla somma di molte esperienze personali: la familiarità con la disabilità, e la conseguente ricerca di aree accessibili, la competenza nelle attività di mappatura, l’incontro quasi per caso con un sentiero creato per essere inclusivo e poi caduto nell’oblio, la partecipazione alla community di Google Maps.

I quattro elementi si sono combinati insieme per la realizzazione pratica di un progetto che raccontasse i territori accessibili attraverso una facile forma di comunicazione, e che allo stesso tempo fosse scalabile in base alle esigenze.

Un progetto inclusivo, che non richiedesse una App “esclusiva” e specifica, e che permettesse di crescere grazie alla collaborazione di molte persone.

Accessible Life, dichiarato durante il summit mondiale di Google Earth “uno dei quattro migliori progetti al mondo del 2021 sui servizi di mappatura dedicati all’inclusione sociale”, definisce gli standard e fornisce gli strumenti per la creazione di mappe personalizzate inclusive, e le integra all’interno del programma mondiale Accessible Life.

Il programma permette, attraverso l’utilizzo di un’altra Applicazione pubblicamente accessibile (Google Earth) di individuare con pochi click le mappe personalizzate costruite per i luoghi inclusivi, e di poterle esplorare. Un motore di ricerca “visuale” accessibile a tutti.

Per concludere, spero che questo articolo possa aiutare a far pensare al territorio inclusivo come un investimento per la comunità, invece che come un costo. Un investimento che, se accompagnato da un coerente sviluppo di strutture dedicate a un turismo sostenibile, può portare a ricadute economiche anche significative per tutta la comunità. Si tratta però di una iniziativa che deve essere affrontata nella sua globalità, perché possa veramente portare a dei risultati concreti.

Il territorio deve perciò non solo essere sviluppato in modo sostenibile, ma essere supportato da strutture e da un racconto, che permettano di trovarlo, esplorarlo, viverlo.

Un bell’esempio di questo è Villa Guidini (Zero Branco – TV), di cui qui sotto vedete uno scorcio del parco. Un complesso multifunzionale in cui la natura si combina con una serie di servizi ai cittadini, come il teatro e la biblioteca, ma anche un ristorante e un bar, o più banalmente una serie di bagni accessibili alle persone con disabilità

Mappe digitali, inclusione e turismo

Mappe digitali, inclusione e turismo è il secondo articolo del Quaderno 14 Dal turismo di massa al turista consapevole che sarà presto scaricabile completo. Per scaricare i Quaderni editi da il prato cliccare qui

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Bolognola e i suoi sentieri

Bolognola e i suoi sentieri sono stati “scoperti” (per noi) il 21 Aprile 2018. Siamo saliti su a Pintura, e le prime cose che ci colpirono furono la vista del mare, e i numerosi sentieri che partono a raggiera per attraversare i Monti Sibillini.

Bolognola e i suoi sentieri

Un territorio bellissimo, che già nella fase della ricostruzione post sisma pensava a come rilanciare l’area, a partire proprio dalle sue caratteristiche.

La seconda cosa che ci colpì è un cartello, posizionato nella piazza del paese, che mostra tutti gli “Itinerari escursionistici in Mountain Bike”.

Bolognola e i suoi sentieri

Quando chiedemmo se fosse possibile avere gli itinerari in una Mappa Digitale, accessibile con il cellulare, ci fu risposto che sì, tutti i sentieri potevano essere scaricati “in formato PDF”.

Perchè avere una mappa digitale

Da lì è partito un percorso di collaborazione con il Comune di Bolognola.  Lo scopo è di poter trasferire le informazioni in una vera App di navigazione, Google Maps. Maps permette di poter utilizzare il proprio telefono cellulare non solo per raggiungere il luogo dove iniziare l’escursione (Bolognola) ma anche di poter effettuare l’escursione stessa con informazioni aggiuntive immediatamente disponibili all’utilizzatore:

  • Lunghezza del percorso, tempo di percorrenza, altimetria. Si tratta di informazioni fondamentali per tutti gli escursionisti, in quanto permettono di fare una valutazione preliminare per decidere se si tratta di un percorso che possono affrontare oppure no.

  • Punti di Interesse lungo il percorso, sia che si tratti di attrazioni naturali (cascate, punti panoramici) oppure di luoghi di ristoro (Rifugi), con la possibilità di consultare i contributi (Foto e recensioni) di chi li ha visitati prima di loro.

  • Posizione nel percorso, accessibile anche in caso di mancanza di connessione internet, che ci permette di sapere sempre dove ci troviamo, se abbiamo deviato dal sentiero e come rientrare nella posizione corretta.

  • Possibilità di modificare il proprio percorso, magari per raggiungere una nuova destinazione.

Si tratta di informazioni semplici, sufficienti per chi voglia fare una passeggiata in sicurezza in un’area come quella di Bolognola.

Il percorso si è concretizzato a Giugno 2022, attraverso un programma che permette a Enti e Associazioni di diventare partner di Google Maps e di inserire le proprie informazioni cartografiche all’interno della App. Bolognola e i suoi sentieri sono diventati, finalmente, digitalmente accessibili

Ne parleremo anche dal vivo da Bolognola il prossimo ottobre, durante il Tè delle 5 delle inserito nell’ambito del Festival Asvis 2022

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Burano, da qualche parte sopra l’arcobaleno

Burano e i colori dell’arcobaleno per dare un po ‘di luce a questi giorni strani . Visto che non possiamo spostarci continuiamo con le nostre passeggiate fotografiche in un ambiente che sta diventando giorno dopo giorno più sostenibile.

Burano e la laguna veneta dove la natura sta riconquistando il suo posto

Alcune note

Scrivere di Venezia e della sua Laguna non è del tutto semplice. Venezia e la Laguna, e le altre isole come Burano all’interno della laguna, fanno parte di un ecosistema complesso con molte caratteristiche diverse. L’eterogeneità di ciò che chiamiamo Venezia è chiaramente visibile facendo clic su questo link.

Mestre, sulla terraferma, rappresenta la parte industriale / commerciale dell’area.

Venezia, la cui unicità è intaccata da un sovraffollamento turistico, al contrario di Lio Piccolo, la zona rurale della Laguna, dove tranquillità e natura sono i protagonisti assoluti.
Venezia, la folla e le feste del Carnevale solo un mese fa, da una parte e il silenzio della natura dall’altra.

La natura che sta rivendicando il suo posto, ora che dobbiamo #restareacasa. Se ci pensiamo per un attimo… l’essere umano è IL virus … Dobbiamo ricordare questo quando questa pandemia finirà, dobbiamo ricordare il suono del silenzio e l’aria fresca. Ora è giunto il tempo di riconsiderare i nostri processi produttivi e la nostra stessa vita in ​​modo sostenibile.

Ma ora andiamo a Burano e nelle sue case colorate come un arcobaleno

Burano

Se si guarda la cartina, si vedranno molte piccole isole nella Laguna di Venezia. In alcune Isole, una parte dell’economia veneziana è ancora attiva, mentre altre sono in uno stato di completo abbandono. Oggi raggiungeremo Burano, il piccolo centro abitato più lontano da Venezia

Burano e arcobaleno

Per raggiungere Burano si deve ovviamente usare un traghetto, un “vaporetto”

Quando si inizia a vedere una macchia di colori sull’acqua, ecco quella è Burano. Perché Burano è questo: una scatola di pastelli con le persone che vivono dentro. Ci si può confondere nei vicoli e lungo i canali di questa colorata piccola Venezia. Il senso dell’orientamento si perde dopo pochi minuti, nei vicoli che sembrano uguali, seppur diversi.


Burano arcobaleno e canali

Per orientarsi basta guardare il Campanile che è chiaramente visibile da ogni vicolo del villaggio. Inclinato da un’angolazione impossibile, come una specie di “Torre di Pisa” veneziana, sembra essere l’unico edificio con il suo colore naturale.

Burano arcobaleno e campanile

E infine quando, seguendo il campanile, si raggiunge la piazza principale, si capisce per cosa Burano è famosa: i merletti. 

A Burano hanno prodotto merletti praticamente da sempre. La scuola del merletto fu fondata nel 1875 e dopo tre anni contava già più di cento studenti. Ancora oggi, i merletti di Burano sono tra i più esclusivi e costosi al mondo.


Burano arcobaleno e merletti

Ci fermiamo qui. Vale davvero la pena visitare Burano e il suo arcobaleno, ricordiamoci sempre però di tutto il suo ecosistema. Fragile che va rispettato e preservato. Ne riparleremo prossimamente 

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La sesta R: Ripensare, Riprogettare

Al principio erano 3. Le tre R che rappresentavano i principi cardine del rispetto dell’ambiente:

Riduci la quantità di rifiuti che produci. Un riconoscimento della difficoltà di un mondo senza rifiuti, ridurre non è il massimo che si possa ottenere ma sicuramente è il principio cardine per iniziare a gestire i passi successivi.

Riusa per uno scopo diverso quello che già possiedi e che non è più utile per lo scopo iniziale. Un prolungamento della vita di quello che possiedi. Regala o scambia quello che a te non serve più, ma che può invece servire ad altri

Ricicla tutto quello che non puoi riusare, attraverso la suddivisione dei rifiuti e il compostaggio

Con l’aumento della consapevolezza, sono state introdotte altre due R. Il cambiamento di principio è evidente, in quanto i nuovi concetti hanno un impatto potenziale importante sul mercato, e quindi sull’economia mondiale.

Recupera / Ripara. Quasi un’estensione di Riusa / Ricicla, con la consapevolezza che il nostro pianeta non è un mondo a “risorse infinite”, e che il concetto di “buttalo e comprane uno di nuovo, tanto costa meno che ripararlo” non è praticabile all’infinito. Pensate solo a quante stampanti avete cambiato.

Rifiuta l’acquisto di prodotti che non abbiano la possibilità di essere Riusati / Riparati. Il rifiuto è destinato a diventare la regola cardine, la prima della lista, quella che può effettivamente cambiare il modo di concepire la produzione di beni, non fosse che …..

…. Non fosse che la consapevolezza va a scontrarsi con una variabile molto potente: il prezzo. Comprare prodotti usa e getta fa bene all’economia, i prodotti usa e getta costano poco, sono sempre nuovi, e soprattutto fanno lavorare l’industria, e con l’industria fanno lavorare noi.
Di fronte a questo la nostra consapevolezza si affievolisce, la responsabilità personale viene sostituita da un concetto più generalista che demanda ai Governi il ruolo di prendere delle decisioni, trasformandoci da attori del cambiamento a spettatori passivi delle scelte di altri.

La sesta R

Un passo indietro

Dobbiamo fare un passo indietro, per comprendere questo concetto, e capire cosa abbiamo sbagliato.

Negli anni ‘60 e ‘70, quelli del boom economico, l’orientamento era indirizzato alla produzione di beni di consumo accessibili a tutti. Una casa per tutti, con bagno, riscaldamento, elettrodomestici. Un’automobile per tutti, liberi finalmente di spostarci e di viaggiare. Ovvietà, al giorno d’oggi, ma non quando la spirale dei consumi è iniziata. Energia, ne serviva tanta di energia, ma l’accesso ai combustibili fossili la rendeva economica, facile da avere. La plastica sembrava un modo democratico di produzione di beni durevoli e a basso costo e l’inquinamento un prezzo accettabile da pagare.

Oggi sappiamo che non era così, e che l’uso sconsiderato di energia – un’energia che i paesi del primo mondo utilizzano in maniera estrema e che i paesi emergenti vogliono poter utilizzare anche loro allo stesso modo – ha spostato l’equilibrio termico del pianeta, e lo ha fatto in un modo molto più veloce di quanto ci si aspettasse. Il problema di fondo, che viene spesso deviato su questioni “secondarie” è che in questo momento, con la riduzione di quegli specchi naturali che sono i ghiacci, il nostro pianeta riflette molta meno energia solare di quanto facesse in passato, e si scalda perciò sempre più velocemente, rendendo quasi patetico il pensiero di “fermarsi” ai consumi energetici attuali.

Non è più un problema di “risorse energetiche”, il punto è che l’utilizzo di quelle risorse dovrà scendere drasticamente, per poter anche solo immaginare di rallentare il riscaldamento del pianeta.

Un nuovo modo di pensare – La sesta R

Non si tratta più solo di ridurre i consumi di energia, si tratta di Ripensare, Riprogettare, Ridisegnare un modo di vivere, dandogli una forma che al momento non possiamo neppure immaginare.

La sesta R

L’idea che possiamo “mantenere lo status quo” in un modo “più rispettoso dell’ambiente“ è una contraddizione in termini, che non ci porterà da nessuna parte. Certo, pensare Green è importante, fare la propria parte è importante, perché fa crescere la consapevolezza, ma “mettersi a posto la coscienza” non ci porterà da nessuna parte se non cominciamo a pensare che la nostra vita dovrà cambiare radicalmente, che ci piaccia oppure no. La nostra vita cambierà comunque, è ineludibile

Lasciate ogni speranza ….? Assolutamente no. Abbandonare la tecnologia? Neppure. Sarà proprio la tecnologia, in mano a menti meno condizionate delle nostre, la speranza di una evoluzione del nostro modo di vivere.

Un modo di vivere diverso, che non sono in grado di raccontare. Per ora lo posso soltanto immaginare …..

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