Il paesaggio lungo le impronte del Leone Marciano di Lucia Ammendolia è il terzo articolo del nuovo Quaderno Q16 “Paesaggi umani, paesaggi urbani” da luglio scaricabile qui
Avete mai assistito ad un’alba sulle montagne?
È uno spettacolo che nessun altro mezzo creato dall’uomo vi può dare, questo spettacolo della natura.
[…] Ad un certo momento, prima che il sole esca dall’orizzonte, c’è un fremito.
Non è l’aria che si è mossa, è un qualche cosa che fa fremere l’erba, che fa fremere le fronde se ci sono alberi intorno, l’aria stessa, ed è un brivido che percorre anche la tua pelle.
E per conto mio è proprio il brivido della creazione, che il sole ci porta ogni mattina. (Mario Rigoni Stern)
La prima reazione che si ha pensando alla parola paesaggio, o panorama che ne è l’estensione amplificata, è che sia qualcosa di esterno a noi, a una visuale da cartolina, qualcosa di astratto, che riusciamo a cogliere soltanto attraverso un unico senso, quello della vista. Invece è qualcosa di molto più complesso, si pensi, per esempio, al “paesaggio sonoro”, dato dall’insieme degli elementi acustici che lo compongono; come il suono delle campane di un vecchio paesino o le cicale in un prato di montagna. Quindi, oltre all’aspetto fisiocratico il luogo esprime anche attraverso i suoni dell’ambiente, la sua identità.
“Il paesaggio era come un verso di poesia che crea sé stesso” (Corrado Alvaro)
Il termine PAESAGGIO deriva da paese, dal latino pagus (= villaggio); da qui l’aggettivo pagensis che significa “lo spazio intorno a un borgo agricolo”.
Questo concetto risalta ancor più nel termine landscape. Secondo uno dei padri della “Convenzione del paesaggio”, il geografo francese Yves Luginbuhl, questo termine è composto da land(terra) e schaft (trasformare, modellare) quindi spazi di territori in continua costruzione e conseguente interazione tra uomo e natura. Tutto questo, mette in luce la naturale correlazione tra il territorio e la parte antropica. All’interno del paesaggio, l’uomo non è un semplice osservatore ma, citando Jacob, è un “soggetto attivo abitante”. Ci sono diverse modalità di rapportarsi al paesaggio, ogni popolo ne definisce e delimita il contesto attraverso le proprie esperienze, vissute in relazione a esso. Questo concetto è sinteticamente espresso in una sola parola che noi usiamo abitualmente: cultura, il cui etimo deriva dal latino “cultura” che significa coltivare, onorare la terra -dalla quale si traggono degli insegnamenti -, prendersene cura. Il paesaggio è un complesso processo culturale.
“I luoghi hanno un’anima. Il nostro compito è di scoprirla. Esattamente come accade per la persona umana. Un tempo, nell’antichità, le potenze divine apparivano in luoghi specifici: sotto un albero, presso una sorgente, un pozzo, su una montagna, in un pianoro, all’ingresso della tana di un serpente. Gli uomini circondavano il luogo di pietre: per proteggere la sua interiorità. Nascevano i templi; consacrati a queste divinità: gli Àuguri ritualizzando il Genius loci fondavano le città” (James Hillman)
Nelle culture Orientali il paesaggio è espresso con una idea in continuo svolgimento armonico, in cui l’uomo è una parte dell’insieme. Egli, non essendo in contrasto con la natura, non cercando di dominarla, ne ha anche timore. Cerca, invece, di ingraziarsela, curandola, provando in tutti i modi di favorire l’armonia. Infatti, la religione giapponese (lo Shintō) insegna che la natura è spirito. Il termine paesaggio in giapponese è composto da due parole” san sui “che significano “montagna e acqua”. Infatti, molti sono i dipinti raffiguranti le montagne e l’acqua che scorre, proprio per esprimere il legame originario, tra la vita dell’uomo e la natura madre. Inoltre, questo tipo di sensibilità la ritroviamo anche negli Haiku, forma poetica giapponese per eccellenza, legata alla natura e ai cicli stagionali.
Anche nelle culture indigene, come quella degli indiani d’America, la natura ha aspetti simbolici e leggendari, in cui l’uomo vede nella natura forze soprannaturali. Infatti, anche gli alberi erano considerati esseri viventi, con uno spirito proprio, venerati come fonte di saggezza e vita.
Nella cultura occidentale, l’impronta più importante l’abbiamo dalla cultura greca antica, nella quale Zeus, Re e signore del cielo, dominava tutti gli altri dèi, ai quali è legata una narrazione altamente figurativa degli ordini naturali. Nel periodo del Rinascimento, l’occidente riprende con esaltazione il modello greco, la natura viene rivalutata come fonte di vita e armonia. E proprio in quel periodo per la prima volta in Occidente viene rappresentato in maniera concettuale il paesaggio. Chi rappresentò il primo paese su tela fu il Giorgione, di Castelfranco Veneto, dipingendo il famoso quadro “La Tempesta”, attualmente conservato presso le Gallerie dell’Accademia, a Venezia.
“In questo progresso scorsoio / non so se vengo ingoiato / o se ingoio” (Andrea Zanzotto)
“L’anima veneta” è paesaggio, soprattutto negli occhi e nei racconti di chi questa terra l’ha fortemente amata e abitata. Molte sono le testimonianze di questo sentimento, in particolare da chi ne ha vissuto la trasformazione da paesaggio agricolo a industrializzato, cogliendone la bellezza di prima e le contraddizioni del dopo. Come Mario Rigoni Stern, nato ad Asiago, nell’omonimo altopiano. Egli ambienta i suoi romanzi principalmente nelle montagne del Veneto, illustrando con grande cura il territorio e anche il rapporto tra l’uomo e la natura stessa. In alcuni suoi libri utilizza anche una antica lingua: il cimbro, lingua antica dell’altopiano, in via d’estinzione, che lui cercò di valorizzare. Il rispetto per la sua terra era davvero profondo e sentito.
Così come Andrea Zanzotto, che visse a Pieve di Soligo, tra le colline del prosecco, il quale parla della cementificazione e anche della monocoltura intensiva che porta alla trasformazione del territorio. Quindi, diviene il narratore del lento disfacimento del “suo” paesaggio, che lui aveva visto integro nella sua naturalità. Zanzotto affermava che il legame emotivo, che lega la persona al paesaggio crei l’identità personale. In sintesi, mi verrebbe da dire, che: “siamo quello che vediamo”. Un altro illustre poeta e scrittore, Giovanni Comisso, trevigiano, criticò duramente le ricostruzioni del dopoguerra, e, anche più avanti, l’uso smodato del cemento. Raccontò lo splendore delle ville venete, cercando di promuoverne la loro tutela e valorizzazione. Queste ultime rappresentano in maniera straordinaria il rispetto dell’uomo nei confronti della natura, soprattutto nella grande attenzione in relazione al contesto paesaggistico in cui sono state inserite. Infatti, vennero costruite tenendo conto di tutta una serie di fattori, soprattutto dell’armonia creata tra architettura e paesaggio che diviene, essa stessa, opera d’arte.
“Io vivo di paesaggi (…) forse la ragione dei miei viaggi per il mondo non è stata altro che una ricerca di paesaggi, i quali funzionavano come potenti richiami” (Giovanni Commisso)
Oltre al Giorgione, numerosi sono gli artisti veneti che nella contemplazione della natura ci hanno lasciato opere meravigliose. Molti sono i Pittori che hanno dato lustro all’arte come Tiziano, il Bellini, il Tintoretto, il Veronese, il Tiepolo, il Canaletto, famoso per le sue “vedute” di Venezia. Di quest’ultimo abbiamo recentemente potuto ammirare un quadro, in mondovisione, durante un evento storico: “C’è un pezzo di Venezia durante il passaggio del titolo reale, dalla regina Elisabetta II d’Inghilterra al figlio, re Carlo III. Al St. James Palace di Londra, la frase “God save the King (Dio salvi il re)” che sancisce la salita al trono del re Carlo d’Inghilterra è stata pronunciata davanti alla “Veduta del bacino di San Marco” di Canaletto. Dietro alla persona che recitava la formula storica si poteva vedere il celebre quadro del diciottesimo secolo che, in una delle copie, era giunto anche a Venezia”. (fonte il Gazzettino)
I riferimenti normativi
L’articolo 9 della Costituzione Italiana, avverte che: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
La tutela del paesaggio, in Italia, è regolata dal decreto legislativo 490/90, rivisitata poi dal d. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, conosciuto come Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Esiste anche una legge sul paesaggio urbano, introdotta in Italia nel 2001, dal d. lsg. di cui sopra. Questa legge prevede che i comuni debbano usare un Piano Regolatore Generale (PRG) che delimiti le norme urbanistiche per il territorio comunale. Il PRG deve essere curato in modo da assicurare il rispetto delle norme sulla tutela del paesaggio e dell’ambiente.
Alle varie normative esistenti, inerenti alla tutela paesaggistica, seguono delle deroghe. Alcune di queste sarebbero anche volte al recupero di determinate aree, ma, in generale, potrebbero agevolare interventi di cementificazione, con azioni decisamente sfavorevoli sul paesaggio. Per questo motivo andrebbero, se non limitate, quanto meno esaminate e controllate, in maniera rigorosa, poiché, tramite le stesse, possono essere annullati vincoli paesaggistici, architettonici e/o ambientali.
Servirebbe una più attenta pianificazione urbana, anche dei contesti naturalistici, nei quali troppo spesso non si è tenuto conto dei danni della cementificazione, con relativa scomparsa di aree verdi. Purtroppo, il Veneto risulta essere, in classifica, tra le prime regioni con più alto consumo di suolo in Italia.
Il Veneto è un paese di gente tranquilla e laboriosa, che ama la sua terra e la sua casa, che non si lascia turbare dalle vicende del mondo, che sa godere delle piccole cose della vita. Il Veneto è un paese di paesaggi dolci e variati, di colline verdi e di pianure fertili, di laghi azzurri e di fiumi argentati, di città antiche e di villaggi pittoreschi. Il Veneto è un paese di arte e di cultura, di chiese e di palazzi, di pittori e di poeti, di musicisti e di scrittori. (Giovanni Comisso)
Solo in Veneto ci sono 1068 paesaggi tutelati. Sono paesaggi diversissimi, come il sistema di ville sul Terraglio e sulla Riviera del Brenta; i centri storici di Conegliano o di Noale; alcuni contesti rurali e naturali di particolare pregio come le colline di Asolo o i colli Euganei, Cortina e la valle del Boite.(Fonte Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio) .Ci sono, altresì, 9 siti Unesco paesaggistici, ovvero siti che sono stati identificati come Patrimonio Mondiale dell’Umanità per il loro valore come scenario naturale ma anche culturale. Potremmo citarne qualcuno, come per esempio Venezia e la sua laguna, Le Dolomiti, le ville Palladiane. Nell’elenco, ci sono anche alcuni siti di archeologia industriale, come l’Arsenale di Venezia. Per la cura e valorizzazione del territorio veneto, e per trasmettere quelli che sono stati gli usi e i costumi, la storia e le tradizioni, sarebbe interessante favorire, e attivare, in maniera più decisa investimenti nel comparto dell’archeologia industriale. Sparsi nei territori troviamo fornaci, segherie, miniere, antichi mulini, centrali idroelettriche, filande e tantissimi altri siti di grande interesse, da recuperare in maniera sostenibile.
Sarebbe opportuno prevedere un maggiore interessamento agli ecomusei, di cui la regione Veneto ne individua i requisiti nel disciplinare approvato con DGR n. 1506 del 15.10.2019. “Gli ecomusei sono una forma innovativa di valorizzazione del territorio, che ne identifica e salvaguarda la fisionomia paesaggistica e culturale” (fonte sito Regione Veneto). Gli ecomusei attualmente in Veneto sono tre:Ecomuseo Arcole dalle origini alla battaglia napoleonica – Comune di Arcole (VR), Ecomuseo Valle del Bios – Fondazione Papa Luciani onlus di Canale d’Agordo (BL) e Aquae – Ecomuseo della Venezia Orientale – Comune di San Donà di Piave (VE). Gli ecomusei sono luoghi di memoria collettiva che viene ritrovata attraverso la ricerca interna ai luoghi. Nell’ecomuseo anche gli alberi, le piante e gli animali vengono salvaguardati e inglobati in un processo di valorizzazione culturale. Pensiamo, per esempio, a una antica filanda e ai filari dei gelsi sparsi lungo le vie, quell’antico paesaggio rurale che meriterebbe di essere riscoperto e garantito, in tutta la sua armonia.
Il Veneto ha un grande territorio da proteggere. Un paesaggio di storie e memorie meravigliose che meriterebbero di essere rivalutate e, ancor più, custodite.
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