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Abitare il turismo

Abitare il turismo o essere abitati dal turismo?

In questo articolo espanderò i concetti legati all’overtourism, già enunciati durante il Festival ASviS 2025, concentrandomi su due aspetti principali:

  • La mancanza di abitazioni per i residenti a causa della proliferazione di B&B e strutture di locazione turistica.
  • La montagna, con luoghi che rischiano l’abbandono in contrapposizione alla narrazione turistica legata a una dimensione favolistica.
Abitare il turismo - vista di Tambre in Alpago

Ormai è sotto gli occhi di tutti, ed è diventato un argomento di forte risonanza, il contrasto tra comunità locali e turisti, perciò, tra chi abita e chi occupa per brevi periodi lo spazio abitativo. Si tratta di esigenze completamente diverse che devono imparare a coesistere: il turismo è una risorsa economica fondamentale, ma un eccesso di turismo impedisce persino ai visitatori di godere appieno dei luoghi che scelgono di esplorare. Questo aspetto dei turisti stessi che criticano il troppo turismo mi ha colpita molto e l’ho sentito per la prima volta in un’intervista a Ada Colau, ex sindaca di Barcellona, che ha iniziato a gestire la situazione urbana/turistica della città nel 2015. L’approccio iniziale è consistito in  un questionario/ sondaggio sottoposto ai turisti stessi. Cosa è emerso? Apprezzamenti per la città perché bella ma… troppo turismo. Sentire dire dagli stessi turisti che c’è troppo turismo, inquieta un po’. [1]

Il caso Barcellona

A Barcellona la tensione dei cittadini verso i turisti è palpabile, visto che hanno “sparato” ai malcapitati visitatori con le pistole ad acqua. Una tensione simile inizia a essere percepita anche a Venezia, dove comunque, ed è un parere personale, l’amministrazione pubblica continua solo a “ciacoare” (chiacchierare) e il biglietto d’ingresso è diventato un ulteriore balzello che mi fa venire in mente “Non ci resta che piangere” con la gag “Quanti siete, che volete? Un fiorino”.

Sarebbe forse il caso di iniziare ad ascoltare le parti coinvolte, sia residenti che turisti? Perché non usufruire di esperienze già fatte in altre città?  Con Venezia mi fermo qui, e torno al caso Barcellona che utilizzerò come esempio da tenere in considerazione.

A Barcellona è stato scelto di cambiare modello turistico, sulla scorta anche dei dati del sondaggio citato all’inizio, e di attuare un forte intervento pubblico per non lasciare il settore in mano solo all’industria privata, perché sì, il turismo è un’industria gestita soprattutto da grossi gruppi privati.

Il concetto portato avanti dall’amministrazione è semplice: gli appartamenti servono anche per viverci, non solo per i turisti. Se spariscono i residenti, spariscono anche i panifici, i negozietti: in breve, sparisce quella che è l’anima della città. E su questo concetto di anima, concetto inclusivo – contrapposto a identità, concetto divisivo – dei luoghi, ho scritto io stessa più volte.[2] Una città priva di anima diventa semplicemente un marchio e scompare.

L’amministrazione ha pertanto iniziato a stringere sugli affitti brevi e a sviluppare un piano urbanistico anche per l’accoglienza. La città deve essere di tutti, è un bene comune e non può essere depredata. Si sono perciò sviluppate delle regole specifiche che anche il nuovo sindaco, Jaume Collboni, sta portando avanti. Non si possono affittare appartamenti turistici in edifici abitati anche da altri condomini, e non sono consentite locazioni turistiche nelle zone centrali. Le licenze attive scadranno a novembre 2028 e non verranno rinnovate. Gli affitti turistici su Airbnb sono consentiti solo con una licenza turistica (HUT), obbligatoria da esporre negli annunci, pena multe fino a 60.000 €. Nuove licenze potrebbero essere concesse solo in aree periferiche meno turistiche. Dal 2029 ci si attende di poter reinserire circa 10.000 alloggi nel mercato residenziale.

Nei proprietari di immobili scatta la domanda: “Ma allora come, tu Comune mi dici cosa devo fare della mia proprietà?” Sì, perché, come si diceva, la città è un Bene Comune. D’altro canto, però, “proprietario, non ti lascio solo”. Ada Colau, durante la sua amministrazione, ha stabilito regole specifiche per chi affitta a canone concordato e, a supporto dei proprietari, il Comune ha istituito anche una garanzia per morosità o per mancanza di affittuari.

Il resto d’Europa

Come si stanno muovendo altre città europee? Molte metropoli stanno introducendo normative più stringenti per contrastare l’overtourism e la carenza di alloggi. Non per questo non si riconosce che gli affitti brevi siano una risorsa economica. Ma, come sempre, le risorse vanno gestite.

A Madrid, il “Piano Reside” del 2024 vieta nuove licenze per alloggi turistici in edifici residenziali del centro storico, consentendole altrove solo in edifici con accesso indipendente. È obbligatoria la registrazione nel Registro de Empresas Turísticas, con esposizione del numero di registrazione, pena sanzioni fino a 50.000 €.

Ad Amsterdam, dal 2025 è possibile affittare la propria residenza principale per un massimo di 30 notti all’anno (che diventeranno 15 nei quartieri centrali dal 2026). È necessario un permesso per affitti superiori, con un limite di quattro ospiti e notifica obbligatoria al Comune per ogni soggiorno.

Berlino ha regolamenti severi: dal 2018, è consentito affittare la propria residenza principale per brevi periodi, ma con limiti per le seconde case e l’obbligo di un numero di registrazione. Per affittare un intero appartamento è richiesto un permesso ZAS dal municipio, con sanzioni fino a 100.000 € per uso non autorizzato. L’affitto di una stanza nella propria abitazione principale (meno del 50% della superficie) non richiede il permesso ZAS, ma necessita comunque di notifica al comune e numero di registrazione.

A Parigi, il limite per l’affitto della residenza principale è di 120 giorni all’anno, con l’obbligo di registrazione municipale e l’ottenimento di un numero di registrazione da esporre negli annunci. Le sanzioni per la violazione delle regole sono severe, con multe fino a 20.000 € per la falsificazione dei dati.

Abitare il turismo - vista della Senna e della Tour Eiffel

A Bruxelles, il Comune sta valutando atti amministrativi per limitare l’uso turistico degli immobili nel centro storico. È obbligatorio dichiarare l’attività e ottenere un numero di registrazione regionale, oltre a rispettare standard di sicurezza e igiene. [3]

In Italia per gli affitti turistici brevi è obbligatorio ottenere il CIN – Codice Identificativo Nazionale, che si richiede tramite la Banca Dati Nazionale delle Strutture Ricettive e degli Immobili in Locazione Breve (BDSR).  Per garantire la sicurezza degli ospiti, è necessario che l’immobile sia dotato di dispositivi anti-monossido ed estintori. Le presenze vanno comunicate alla Questura tramite il portale Alloggiati Web entro 24 ore dall’arrivo. È fondamentale verificare le eventuali ulteriori restrizioni locali imposte dai Comuni e la presentazione della SCIA se l’attività è svolta in forma imprenditoriale.  I contratti di locazione turistica di durata inferiore a 30 giorni non vanno registrati. Al contrario, quelli di durata superiore ai 30 giorni, o contratti multipli che complessivamente superano i 30 giorni nello stesso anno, richiedono la registrazione all’Agenzia delle Entrate.

A inizio anno la tendenza degli affitti brevi ha subito una frenata soprattutto nelle grandi città. Le ragioni sono molteplici, tra cui le nuove regole introdotte dal Ministero del Turismo (la più importante è il CIN, diventato obbligatorio e operativo dal 1 gennaio 2025) e l’incertezza economica. I turisti sembra preferiscano prenotare a ridosso della partenza per trovare prezzi più competitivi. Per riuscire a capire la tendenza turistica del 2025 è comunque necessario attendere i dati consolidati dopo la fine dell’anno.

Dal troppo turismo all’abbandono dei luoghi

Se da una parte vediamo un grande affollamento turistico, dall’altra vi sono luoghi in cui il turismo scarseggia, come scarseggiano anche le case per i residenti. Mi riferisco in particolare ai luoghi di montagna. Code per andare a Cortina o alle Tre Cime di Lavaredo, mentre vi sono luoghi come l’Alpago, molto belli ma lontani dai grandi flussi turistici. Per fortuna, mi viene da dire…  

Abitare il turismo - vista di Santa Croce  al Lago

La montagna è un mondo a sé. Dopo il Covid e con Instagram e affini si è assistito all’assalto di orde in ciabatte – che poi cadono lungo i sentieri e chiamano gli elicotteri del soccorso – che vogliono andare in un luogo per scattarsi la foto e postarla. Potrebbero essere ovunque, l’importante è la foto. In questi contesti è entrata purtroppo la dinamica della narrazione, o se preferite lo storytelling. Prendo da un mio articolo precedente:

Il modo in cui la montagna viene raccontata ha un impatto significativo sulla percezione che ne hanno le persone e sul tipo di turismo che attrae.

“Attenti al lupo”: una narrazione, legata a paure ancestrali e a una visione della montagna come luogo selvaggio e pericoloso, può allontanare un certo tipo di turismo e non valorizza la ricchezza della fauna e il ruolo ecologico del lupo. Aggiungo, anzi, che mette in pericolo il povero lupo.

“Paese delle fate”: una narrazione idilliaca e stereotipata che non coglie la complessità e le sfide reali della vita in montagna, oltre a poter generare aspettative irrealistiche nei turisti.

In montagna gli “attori” legati al turismo sono almeno tre:

  • Comunità locali ospitanti.
  • Seconde case, dove abbiamo persone “quasi locali” perché vi trascorrono lunghi periodi, oppure case vuote e molto spesso abbandonate.
  • Turisti stagionali o giornalieri.

Mettere d’accordo queste identità così diverse non è una cosa semplice. Il mio parere è piuttosto elementare: perché non iniziare a proporre dei questionari mirati? Partire da dati certi può essere un buon inizio per creare un’offerta che sviluppi i territori senza esporli al rischio dell’overtourism e per consentire alle comunità ospitanti di vivere il loro territorio. Per una attività di questo tipo devono necessariamente entrare in gioco le amministrazioni locali.

Cambiare la narrazione

Quale tipo di turismo vogliamo? Se da un lato si rischia il “modello Venezia” anche sulle vette, dall’altro si rischia anche lo spopolamento delle località meno note. Si può arrivare a un equilibrio e, se si può, cosa serve?

Tanto per cominciare, una pianificazione con un marketing territoriale fatto bene. E fate attenzione: ho detto marketing e non comunicazione. Un piano di marketing che tenga conto anche dell’impatto ambientale e degli stakeholder, della stagionalità. Solo dopo aver pianificato si può procedere a una comunicazione mirata e, se le linee strategiche sviluppate a monte sono chiare, anche la comunicazione avrà un impatto positivo sia sul target individuato che sul territorio.

Degli ottimi esempi che ho conosciuto direttamente sono i campionati di sci d’erba[4] che si svolgono a Tambre d’Alpago, che puntano a destagionalizzare l’offerta e ad attrarre il turismo sportivo. Altri esempi, particolari e non trascurabili, sono i set cinematografici realizzati in zone poco frequentate o conosciute in modo minore. Di recente Ridley Scott era in Cansiglio per il suo nuovo film. Da questo punto di vista temo un po’ l’effetto Instagram, ma la sensazione generale è che le amministrazioni locali siano piuttosto presenti e che gestiscano, o che almeno ci provino, a portare avanti una visione di Bene Comune e a evitare l’effetto Instagram.

Abitare il turismo - Sci d'erba

In questa visione di Bene Comune si inserisce anche il progetto Primavera Casa[5].

Il progetto Primavera Casa mira a ripopolare la Valbelluna – con attività di raccolta dati e consulenza rivolte a proprietari, aziende e comunità locali – affrontando il problema delle numerose case sfitte nella regione. Con una casa su tre non occupata, l’obiettivo è trasformare i paesi in luoghi vivaci e accoglienti, contrastando lo spopolamento e la difficoltà per molte persone a trovare alloggio. L’iniziativa intende riaprire queste abitazioni vuote, creando un futuro più ricco per la comunità e riconoscendo i costi, sia materiali che immateriali, delle case non occupate per proprietari e comunità.

E il turista che ruolo ha in questa storia? Un concetto interessante da cui partire è quello del cittadino temporaneo:

  1. Mi impegno a essere un cittadino temporaneo responsabile.
  2. Ho cura dei luoghi abitati dalla natura e dall’uomo.
  3. Leggo le storie e le memorie attraverso gli occhi di chi le ha vissute.
  4. Ascolto il suono di quello che vedo, le parole di chi vi abita.
  5. Guardo e cerco l’anima di questo luogo, la sua comunità.
  6. Mi nutro dei dialoghi che insieme generiamo.
  7. Condivido il sapere che questa terra mi insegna.
  8. Partecipo al suo futuro, consapevole del passato.
  9. Affido a questo luogo la ricchezza che sono.
  10. Porto con me il cittadino che sono diventato.[6]

Il concetto è bello, ma la sua attuazione non è semplice. Sono almeno tre anni che spingo su questo. In città come Venezia non credo sia attuabile, però si può partire da questo concetto per elaborare – da parte, ancora una volta, dell’amministrazione pubblica – un minimo sindacale di “Manifesto del Turista Rispettoso“, con alcuni punti in comune per tutte le zone turistiche e altri più specifici per le singole aree. Un banale elenco di “DO’s and Don’ts” per rendere la cosa internazionale potrebbe essere un primo passo. Un secondo passo potrebbe essere il coinvolgimento delle strutture ricettive che a loro volta coinvolgono i propri ospiti con questionari brevi e mirati. Inoltre, se partiamo dal fatto che nelle zone meno frequentate gran parte delle strutture ricettive sono a conduzione familiare si potrebbe anche avere un ottimo spaccato della comunità locale.

Questo no, non è difficile da fare, basta volerlo.

Abitare il turismo è inserito nel Q19 Sostenibilità e Territori: un futuro da abitare che sarà pubblicato a breve. Per leggere tutti i Quaderni cliccare QUI


[6] (Decalogo del cittadino temporaneo, Matera 2019)


[5] https://primaveracasa.eu/


[4] Campionati Italiani Assoluti di SuperG e le Finali della Coppa del Mondo FIS di sci d’erba dal 5 al 7 settembre 2025


[3] Lodgify (2025) – Regolamenti affitti brevi – https://www.lodgify.com/blog/it/regolamenti-affitti-brevi-mondo/


[2] “… il concetto di anima che vedo come concetto inclusivo, che accoglie chi arriva ma che abbraccia anche chi abita quei luoghi. Per dirla in altre parole potremmo definirla il Genius Loci, lo spiritello che abita i luoghi.” Grana, A. (2024) – Ma i luoghi hanno un’anima? –  Q18 il prato edizioni

“Parlare di identità può creare divisione- pensate a nazioni, regioni, città diverse ognuna con una propria identità/storie, un senso di appartenenza più al luogo che ai valori che esso rappresenta- l’anima no, è un livello più intimo ed emozionale, valoriale, non può far dividere le persone ma solo unirle.”  Grana, A. (2023) _ Turista o viaggatore? Identità o anima? – Q14 il prato edizioni


[1] Piazza Pulita (2025) La7 https://www.la7.it/100minuti/video/ada-colau-se-non-ci-sono-i-cittadini-non-esiste-la-citta-26-05-2025-597951

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E venne il giorno

E venne il giorno, articolo dal Q9 (2018) che spazia dal film di M. Night Shyamalan alla catastrofe di Vaia per porre l’accento sulla relazione tra essere umano e territorio. Alla mancanza di capacità (e di strategia) di  valorizzarlo – assieme ad arte e cultura – e di renderlo un vero patrimonio per un turismo sostenibile. Vi sono esempi virtuosi? Sì, per fortuna ci sono. Nell’articolo un esempio in Umbria e l’altro in Trentino. Buona lettura.

E venne il girno. Fotogramma dal film
An inexplicable and unstoppable event threatens not only humankind . . . but the most basic human instinct of them all: survival.

New York, Central Park.
Una mattina come tante. Gente che corre,gente che legge, passeggia. La normalità. È in questa normalità che iniziano ad accadere stranezze.
Persone che si immobilizzano improvvisamente, camminano all’indietro, cadono in un palese stato confusionale.
Fino a quando cominciano a togliersi la vita nei modi più assurdi.
Si scatena il panico a New York e nel resto della nazione.


La prima ipotesi è un attacco terroristico ma man mano il contagio si espande in altre città e l’ipotesi viene accantonata. Inizia la fuga dalle città ma, stranamente, anche i centri più piccoli sono contagiati.
Nei protagonisti una illuminazione: si tratta di una neurotossina prodotta dalle piante.
L’attacco come è iniziato si blocca improvvisamente. Scampato pericolo? Non proprio, è stato solo un primo avvertimento. Il film si chiude con una scena simile alla scena iniziale di Central Park, questa volta siamo a Parigi.
L’avvertimento non è stato sufficiente, la Natura si sta difendendo dalla minaccia rappresentata dall’Uomo.

Vaia

Ci spostiamo in Italia, sulle montagne del Nord Est e sulle coste venete. Non ci sono state vittime tra gli uomini ma una strage tra alberi e animali che non hanno trovato scampo alla furia del vento e dell’acqua. Negli occhi di tutti ci sono le immagini degli abeti abbattuti, la foresta dei violini, dove Stradivari si recava a scegliere il legno migliore per costruire i suoi strumenti.

Non tutti si sono resi conto di ciò che avveniva a valle e di quanto i fiumi in piena scaricavano sulle coste. Una montagna di legname, pesci che sono stati portati a riva e una quantità incredibile di plastica. L’intrico di rami e plastica aveva un che di irreale. Se da una parte è stata la furia della Natura, dall’altra l’uomo (italiano) ci ha messo la sua.

E vnne il giorno. Foto spiaggia con detriti e plastica

Strano paese l’Italia.
Un patrimonio ambientale e culturale immenso, mari, monti, laghi, architettura, opere d’arte eppure questa Italia continua a non valorizzare, peggio a distruggere, ciò che ha. Voglio immaginare che il Turismo che faceva capo al Ministero dei Beni Culturali sia stato assorbito dal Ministero dell’Agricoltura per valorizzare meglio il territorio, ma sto solo immaginando (sperando?). Ciò che è nato, hanno commentato alcuni, è il Ministero dell’Agriturismo e, senza nulla togliere agli agriturismi, la visione turistico-culturale-strategica non si capisce quale sia. Magari sono io a non capire, anzi sono sempre io, in molti degli ambienti che frequento,
tentando di portare una voce esterna, tentando di capire cosa vorrebbe un potenziale turista, risulto molto spesso poco allineata al sentire comune.

Uomo, ambiente e arte/cultura

Una diversa fruizione del territorio e della cultura di un territorio non è impresa impossibile.
Lo stesso Progetto Re-Cycle, l’associazione, ha avuto inizio con una rilettura, con il PRIN Re-Cycle Italy, in chiave nuova di quanto c’era
già a disposizione in termini di conoscenze, strutture, territori.
In progetti di questo tipo c’è sempre un grande coinvolgimento di università, di aziende, e poi? Belle conferenze, pubblicazioni (chissà
chi le leggerà, o forse fanno punteggio?) …e? Ci si dimentica sempre di una cosa, la base di tutto, e cioè chi dovrebbe essere il fruitore finale.

Vogliamo chiamarlo cliente? Turista? Più semplicemente persone (penso ai tanti stranieri) con il desiderio di conoscere la grande cultura della nostra penisola? Tanto per chiarirsi: l’Italia offre di tutto. Oltre ai musei più classici e belli, alcuni poco conosciuti (sto pensando al Museo di Este e al patrimonio culturale e artistico che c’è sotto il suolo di Este, il quartiere residenziale Romano in mezzo alle villette anni 6o ne è un esempio) ci sono alternative meno, chiamiamole, istituzionali.

E venne il giorno. Scavi romani in centro a Este

Ci riempiamo la bocca di musei diffusi, musei etnografici, ecomusei ma qualcuno si è mai chiesto una banalità: ma come ci arrivano lì quelle persone? Ci sono collegamenti stradali, mezzi pubblici? Come promuovo il mio museo diffuso, ecomuseo, che non fa parte di un circuito famoso?
In questi ultimi anni ne ho visitati più di qualcuno di questi musei.
Onestamente di alcuni non ricordo proprio nulla. La solita storia trita e ritrita del bel tempo che fu (era poi così bello? Non ne sono sicura), gli antichi mestieri, i giochi di una volta (una volta…quando?). Personale, molto spesso volontario e del tutto inadeguato, carenza di informazioni,
orari di aperture e chiusure “in libertà”. Forte sensazione che una volta finiti i finanziamenti, la cosa sarà fatta morire di morte naturale.


Il rischio che vedo in questo tipo di approccio è trattare la cultura del territorio non come aggregazione di una comunità ma solo come un racconto del “bel tempo che fu” dimenticandosi di lavorare su una cultura come elevazione di un popolo.
Insistere su dei microcosmi, su piccole enclave che sono simili tra loro, ma preferiscono vedere le differenze più delle similitudini, porta a una chiusura, a voler salvaguardare il proprio orto piuttosto che addentrarsi in un mondo più vasto.
Un mondo che invece è fatto di relazioni, di un flusso continuo di dare e avere, di causa ed effetto. I cambiamenti climatici (anche se c’è chi lo nega) che hanno colpito a monte, hanno dimostrato tutta la noncuranza dell’uomo anche a valle, anzi a riva, arenando oltre ai detriti una montagna di plastica.
Era “plasticamente” visibile la colpa della chiusura e “dell’orto”.

Museo della Canapa

Ciò non significa che non vi siano esperienze positive di “riciclo” della cultura di un territorio. Come esempio (quasi) positivo posso citare il Museo della Canapa a Sant’Anatolio di Narco (PG).

Sapevo già qualcosa sulla canapa che avevo intercettato in bioarchitettura e per le bioplastiche, sulla sua funzione di pulizia del terreno e dell’utilizzo pressoché completo di tutte le parti della pianta. Al museo mi si è aperto un mondo anche sui filati di canapa. Alla fine ho anche scoperto di avere un asciugamano della mia bisnonna che era tessuto proprio in canapa.
Belli anche i materiali multimediali, le sale con le attrezzature, buona la crostata in parte impastata con la farina di canapa, suggestiva l’installazione delle Spinning Dolls che ricordava dei dervishi danzanti.

Spinning dolls che ricordano dervishi danzanti

Perché il mio “quasi” allora? Se un amico non mi avesse detto dell’esistenza del museo non lo avrei mai scovato, arrivarci non è del tutto
intuitivo. Questo museo ha per davvero lavorato sul “riciclare/ recuperare” le conoscenze e valorizzare con esse il proprio territorio e resta in ogni caso un buon esempio di racconto del territorio partendo da ambiente e tradizioni.
Con qualche piccola accortezza in più, tipo parcheggi, segnaletica potrebbe incentivare più persone, non del posto, a visitarlo. Ancora una volta l’urgenza di “aprire” maggiormente verso l’esterno.

Aggiornamento del 2025: il sito del museo è stato risistemato ed è stata inserita la scheda Maps

Arte Sella

Un’alternativa meno canonica alla cultura del territorio, anzi meglio territorio e cultura, si trova in Trentino. Esempio di un approccio all’ “Arte dell’Ambiente” è il bellissimo e conosciutissimo Arte Sella. Arte Sella non ha bisogno di presentazioni Mi soffermerò pertanto solo su un particolare: la facilità di raggiungere Arte Sella e l’armonia che regna in tutto l’ambiente, dalle strade ai ristoranti, ai parcheggi che si incontrano prima di arrivare ad Arte Sella. E’ la realizzazione di un concetto che mette insieme Uomo, Ambiente, Arte ed Economia di un territorio dove uno è di supporto all’altro. Una possibilità di sviluppo di un territorio in modo bello, sostenibile ed economicamente e culturalmente rilevante da esportare, declinato in modi adatti per ciascun luogo, in altre parti d’ Italia.

Arte Sella

A meno che non sia già tardi. Anche Arte Sella è stata danneggiata dal maltempo. Gruppi di volontari si stanno dando da fare per riportare tutto all’originaria bellezza. Sicuramente tornerà tutto bellissimo. Ma… E’ stato un caso eccezionale o un avvertimento?

E venne il giorno ….

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La prima foto è tratta dal web ed è un fotogramma del film: Tutte le altre foto sono di Antonella Grana ed Ermes Tuon.

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Costruzioni e turismo sostenibile

Costruzioni e turismo sostenibile, titolo un po’ modificato di questo articolo che ripropongo – tratto dal Quaderno 11 – e che ripercorre molte tappe della nostra storia. Da Norcia al sisma in Centro Italia del 2016, dalla mappatura dei sentieri – per un turismo inclusivo e sostenibile – alle Local Guides e il mondo di Google. E, non ultimo, la differenza a cui tengo molto tra identità e anima dei luoghi.

La tecnologia per la mappatura è un po’ cambiata ma di base resta veramente tutto. Una cosa, invece, non esiste più, anche se l’idea era più che buona. La start up Storie – citata nell’articolo – per la costruzione di edifici sostenibili non esiste più. Diciamo che avere aperto a febbraio 2019 non è stata una grande fortuna.

Tornando però a Progetto Re-Cycle, le attività per il turismo sostenibile continuano e per questo vi invito a segnalarci sempre nuovi sentieri. Qui il link al progetto #accessiblelife

 Buona lettura!

Costruzioni e turismo sostenibile

Mappatura digitale dei sentieri e costruzioni sostenibili per un turismo lento e sostenibile

Ora che mi accingo a scrivere e rivedo il titolo del mio intervento a “Ci vuole un fiore – 100 ore per l’ambiente” la mia reazione è “E che cavolo, ho scritto un titolo che sembra un film della Wertmüller

In effetti condensare in un titolo più di due anni di vita, vissuta intensamente, non è proprio semplice . Se a questo ci aggiungo che siamo una APS “cross over” – nel senso che siamo talmente trasversali come approcci e tematiche che ormai alla domanda “di che cosa vi occupate” rispondo “siamo cross over” – forse il titolo alla Wertmüller ci sta bene. Con il termine “riciclo” copriamo aree tematiche piuttosto vaste che vanno dalla rivalorizzazione dei territori alla creazione di momenti di confronto sulla sostenibilità, per questo specifico progetto sarà sufficiente dire che lavoriamo sulla digitalizzazione di sentieri con un focus particolare su percorsi accessibili a tutti.

 Proviamo ad andare con un po’ di ordine, per fare chiarezza partirò dalla fine del mio lungo titolo, in ordine cronologico.

L’inizio

Dicembre 2016, siamo a Norcia dove gran parte degli attori protagonisti della nostra storia si incontreranno e dove incontreremo per la prima volta il mondo delle Local Guides di Google[1] che tanta parte avrà nel nostro racconto digitale. E’ in quel momento che conosciamo le foto 360 e le mappe su Google Maps, la digitalizzazione del territorio, la mappatura dei sentieri e la VR (Realtà Virtuale).

Nel dicembre 2016 vedremo anche per la prima volta le fotocamere 360 che ora utilizziamo per mappare, caricare su Maps e rendere fruibile in VR i territori delle 3 regioni che sono coinvolte nel progetto: Veneto, Umbria, Marche

Costruzioni e turismo sostenibile

L’idea non ci è venuta subito, ci abbiamo impiegato quasi un anno. Quando raccontiamo tutto il nostro percorso mi sto rendendo sempre più conto che tendiamo a renderlo troppo semplice, molto più semplice di quanto sia stato e sia, ad oggi, in realtà. Posso invece assicurare che c’è una montagna di fatica dietro a tutte quelle foto, e un’altrettanta montagna di chilometri percorsi. La primissima foto “incriminata” della mappatura, la foto da cui è partito tutto è questa che vedete qui  sotto. Si tratta di un sentiero per persone con disabilità motoria che conduce a Forca di Presta, Monti Sibillini vicino a Caselluccio di Norcia. I sentieri che andiamo perciò a mappare sono sentieri per persone con disabilità motoria, perché riteniamo che il futuro del turismo debba essere un turismo “lento, sostenibile e inclusivo”

Come procediamo

  • Localizziamo e mappiamo  i sentieri scattando le famose foto 360

Non è sempre facile scoprire i sentieri, bisogna recarsi sul posto . Credetemi, nel “digitale” c’è tanto “reale”, in termini di ore di lavoro, fatica e autentiche scarpinate. Per i sentieri più lunghi si utilizza anche un altro tipo di fotocamera, agganciata a un caschetto e si percorre il sentiero in bicicletta. A volte ci è capitato di arrivare in posti talmente brutti che non abbiamo scattato nemmeno le foto, un viaggio a vuoto.

  • Carichiamo su Google Maps con Street View

Sul fatto di caricare su Google Maps a suo tempo si era scatenata una diatriba tra “utilizziamo Maps” oppure “creiamo una APP dedicata” . Alla fine si è scelto NO APP, per alcuni semplici motivi. Attenzione, semplici ma non banali. Una APP per essere utile e “avere successo” deve essere scaricata da miglia di persone. Ci sono molte APP nate e morte perché nessuno le scaricava.

Per avere molti sentieri dovremo necessariamente iniziare a rivolgerci anche ad altri “utenti” che dovranno caricare a loro volta i sentieri. Come faccio a verificare le info che caricano? Quali livelli di sicurezza devo avere? Su Maps, semplicemente il problema si risolve a monte

  • Solo virtuale? Un approccio di questo tipo non fa correre il rischio di creare dei “turisti da divano?”

Dal nostro punto di vista i luoghi devono essere VISITATI perché ACCESSIBILI. La virtualizzazione del territorio va rinforzata con il racconto elaborato con video, testi e, perché no, la creazione di eventi Accessibili e Sostenibili

  • Coinvolgimento di Proloco e Comuni di piccoli borghi. Lavoriamo quando ci è possibile in collaborazione con Proloco e Comuni. Il rischio di spopolamento nelle zone montane di Umbria e Marche a causa del sisma del 2016 non è così diverso dal rischio di spopolamento delle montagne venete

Perché la mappatura dei sentieri

Lo abbiamo accennato nel precedente paragrafo: serve rallentare o invertire il rischio di spopolamento nelle zone montane e nei borghi più piccoli. Con un flusso turistico ben gestito, di turismo lento. Pensiamo a chi viaggia in bicicletta o a sentieri famosi come il Cammino di Santiago di Compostela. In Veneto abbiamo un flusso turistico enorme su Venezia ma pochi dei turisti “mordi e fuggi” hanno voglia di vedere altro. Ci piacerebbe far conoscere anche altro, con un approccio più rispettoso del territorio, invertire la tendenza del turismo di massa. Cambiare il modo di viaggiare, invertire una tendenza , valorizzare  luoghi piccoli e sconosciuti – talvolta sconosciuti anche a chi ci abita vicino – collegandoli  in un’unica mappa tenendo sempre a mente la strada dell’inclusione e dell’accessibilità alle persone con disabilità è il nostro modo per contribuire al cambiamento.

Desideriamo, ripartendo dai sentieri, ridare l’identità/ANIMA dei luoghi, urgenza che abbiamo riscontrato soprattutto nei luoghi del sisma del 2016 dove tutto è andato distrutto. All’inizio parlavo di identità dei luoghi, ora sto sostituendo identità con ANIMA. Ho notato purtroppo che parlando di identità andava perso il senso di inclusione che invece volevo trasmettere. Si parla, a sproposito, di identità veneta, umbra, italiana, tedesca , metteteci tutto quello che volete. Il risultato finale se ragiono in questi termini è che non includo ma escludo. Da qui il passaggio ad ANIMA che ha un valore più simbolico ed emotivo, più inclusivo visto che parlo di emozioni

Costruzioni sostenibili

Nel nostro percorso a ritroso del titolo, ma cronologicamente corretto, arriviamo alle costruzioni sostenibili, diamo una tangibilità alla sostenibilità. Da questo momento in poi saranno altre “Storie” che è il nome della start up che abbiamo costituito pochi mesi fa, micro impresa formata da due persone di Progetto Re-Cycle e un altro amico. In estrema sintesi:

. I materiali di costruzione sono ricavati da scarti/macerie o edifici dismessi

. I materiali, per ciò che riguarda soprattutto le zone del sisma, sono ricavati in loco, e, nelle nostre intenzioni,  lavorati da manodopera del posto

. caratteristica principale è la velocità di costruzione. Da un  nucleo iniziale essenziale si può arrivare a uno sviluppo successivo senza abbattere nulla e sprecare risorse

. I materiali sono ecocompatibili, per costruzioni antisismiche

. Il percorso è ciclico e ripetibile. Costruisco, demolisco, recupero il materiale, ricavo nuovo materiale

Da questo momento in  poi saranno però altre «Storie», Progetto Re-Cycle si ferma, qui come è giusto che sia, per prosguire per i propri “sentieri” reali, digitali e metaforici


[1] Le persone che a livello volontario inseriscono foto, recensioni, informazioni in Google Maps

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Sci d’erba

Un’ alternativa sostenibile da esplorare per i territori montani?

Sci d’erba, un’alternativa sostenibile da esplorare per i territori montani?

Confesso che non ne avevo mai sentito parlare, né avevo mai visto nulla. Da quando ho realizzato il sogno della casa in montagna ho iniziato a vedere aspetti del territorio montano che non conoscevo e sono incappata anche in una tappa della Coppa del Mondo di Sci d’Erba a Tambre, in Alpago provincia di Belluno.

Come già – almeno spero – saprete come associazione è da molto che ci occupiamo di valorizzazione dei territori e di turismo sostenibile; perciò, lo sci d’erba mi ha incuriosita molto.

Partiamo dal territorio in questione, l’Alpago, nello specifico Tambre cittadina che deve la sua storia e il suo sviluppo al legame con la Foresta del Cansiglio. Nei periodi più recenti il turismo dell’area si è sempre più stretto intorno alle bellezze naturali e allo sport.

Per lo sci dobbiamo partire dalla frazione di Col Indes, 1230 slm, un tempo dotata di una pista che non è più adatta allo sci alpino invernale. Cosa è successo?  Gli impianti sono ormai arrugginiti.  Ho trovato una serie di articoli (del 2011/2012, si veda in calce) relativi a un progetto di collegamento sciistico degli impianti tra Col Indes e Piancavallo. Il progetto, per fortuna, non è mai stato approvato. Con la neve che passa da “troppa o niente”, sarebbe stato solo uno spreco di denaro.

Come detto poc’anzi, bellezze naturali e sport sono i fattori trainanti della zona. La bellezza dell’area è dovuta alla pace e alla tranquillità della seconda foresta più grande d’Italia: il Cansiglio, 7000 ettari di faggi e abeti secolari. Sentieri da percorrere a piedi, in mountain bike (per inciso, ho visto anche molte bici elettriche) oppure a cavallo. Per gli sport invernali vi sono di tracciati per lo sci da fondo, ma anche ciaspole, o slitte trainate da cani sono una bella alternativa. Sempre se c’è neve… il tempo diciamo che fa le bizze.

Sport e condizioni meteo, e questo mi fa ritornare al nostro Sci d’Erba. La Coppa è stata una piacevole sorpresa e potrebbe – con tutti il se del caso – costituire una alternativa per lo sci nel futuro. Che ci piaccia o meno, la situazione neve in montagna sta diventando critica, gli eventi climatici estremi sono sempre più frequenti – sia in montagna che in pianura – e si devono cercare alternative  strutturali per provare, e ribadisco provare, a gestire un cambiamento che ci è già sfuggito di mano. E’ perentorio “ri-disegnare” anche  il comparto turistico che va gestito

Lo sci d’erba non è una novità, se ne parlava già tra gli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, ed era soprattutto una alternativa fuori stagione per gli atleti dello sci invernale. Ci sono le potenzialità per fare un salto in avanti? Per il turismo e per territori meno conosciuti può rappresentare un fattore di sviluppo? Si badi bene, che per sviluppo intendo sempre uno sviluppo sostenibile (si veda più sotto l’articolo Ma i luoghi hanno un’anima?)

Difficile a dirsi. Al momento vi è una mancanza di conoscenza/consapevolezza da parte degli sciatori “classici” e degli amanti dello sci in generale, dall’altra, per pensare a una gestione turistica vera e propria, le infrastrutture devono essere completamente ripensate. Per certo lo sci d’erba sta acquisendo una rilevanza maggiore e rappresenta una alternativa sostenibile a proposte come le piste sintetiche (dry slope skiing)

Che ne pensate? Lo Sci d’erba è una strada percorribile?

Qui sotto una serie di link ad articoli di approfondimento sul territorio del Cansiglio, sullo sci d’erba e sul turismo sostenibile

Is grass skiing the answer to a sport threatened by climate change?

Sciare sulla plastica? O scoprire un’altra montagna? Il caldo impone un piano B

Col Indes-Piancavallo: punto e a capo

Cansiglio: dopo anni di mobilitazione no alle piste di collegamento degli impianti tra il Col Indes e Piancavallo

Foresta del Cansiglio

La sesta R: Ripensare, Riprogettare

Il turismo va demonizzato o glorificato?

Ma i luoghi hanno un’anima?

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Ma i luoghi hanno un’anima?

Ma i luoghi hanno un’anima? Introduzione al Q18

Me lo sono chiesta sempre più spesso di recente, ne avevo anche scritto qualche tempo fa, quando avevo già fatto una distinzione tra identità e anima.

La risposta alla domanda è un SI, senza ombra di dubbio da parte mia. Però, davvero, me lo sto chiedendo sempre più frequentemente. E allora provo a rispondermi. Di nuovo.

Parto da lontano. Con il PNRR ormai è tutto un bando per i borghi, per il turismo sostenibile e chi più ne ha più ne metta. Il mio lavoro mi porta anche a occuparmi di bandi e sul turismo ne ho viste di tutti i colori.

In ordine sparso ecco alcune amenità:

· Facciamo una App… se la scaricano in mille sarà già tanto.

· Facciamo un portale… ok quello di Stargate (il film) mi sta bene. Gli altri portali invece si mettono in concorrenza tra loro creando una immagine caotica e frammentata. Pensare a chi dovrebbe utilizzarlo è troppa fatica.

Ma i luoghi hanno un'anima

· Facciamo una rete … da pesca e per giunta bucata? Forse sì, visto che chi fa parte di una rete stenta a trovare – data, in molti casi, la mancanza di coordinamento- un modo per organizzarsi.

· Valorizziamo il territorio. Ottimo. Manca sempre il come. Mai avuto il bene di sentire qualcuno dare delle indicazioni chiare sul COME.

· Last but not least, finiti i soldi del bando, amici o nemici come prima.

Il progetto con le scuole

Con il progetto Turistico 20.0 – il turismo dalle scuole al territorio e con il questionario somministrato alle ragazze e ai ragazzi di sei scuole turistiche tra Calabria e Veneto, abbiamo sondato, tra le altre cose, quale sia il significato gli studenti danno al turismo sostenibile. In breve, è emersa la percezione legata all’ambiente ma la parte legata alle persone/alla società è stata soltanto sfiorata.

La sostenibilità si collega anche a come valorizzare il territorio, persone che lo abitano comprese, resta sempre il dubbio sul “come”. E allora?

Identità o anima

Qui mi riaggancio alla mia domanda iniziale e introduco la variabile identità. Si usa sempre più spesso il vocabolo identità legandolo ai luoghi. A mio parere questo vocabolo è divisivo, si cercano le caratteristiche che differenziano un luogo da un altro piuttosto ciò che li accomuna. Un fenomeno che trovo preoccupante poiché ho la netta impressione – girando per borghi – che stiano diventando tutti uguali, con promozioni simili e con un forte accento sull’enogastronomia e i prodotti tipici. Non fraintendetemi, i prodotti tipici vanno benissimo ma quando, per spingere un prodotto e un territorio, mi invento “il cammino delle colline del prosecco” capite che i turisti/pellegrini a sentire una cosa del genere restano senza parole – i cammini partono da presupposti spirituali ben diversi – e, inoltre, se si parla con chi abita quelle colline la risposta è “sì, sì che vadano a camminare o in bici quando non passano con i pesticidi…”. Per dovere di cronaca mi hanno anche riferito che la situazione di irrorazione di sostanze per il trattamento delle vigne sta iniziando a essere gestita meglio.

In ogni caso ci troviamo di fronte a un classico esempio di social washing da una parte – chi abita quelle zone ha parecchi problemi ma l’immagine che si dà è diversa – e di più classico green washing di posti che sono sicuramente meravigliosi ma di cui si fa un altrettanto meraviglioso ed eccessivo story telling. Un gran peccato perché in questo caso la valorizzazione del luogo non sta portando effettivi vantaggi alla popolazione, e non sto parlando dei vantaggi economici, perché quelli di sicuro qualcuno li ha. Sto invece introducendo il concetto di anima che vedo come concetto inclusivo, che accoglie chi arriva ma che abbraccia anche chi abita quei luoghi. Per dirla in altre parole potremmo definirla il Genius Loci, lo spiritello che abita i luoghi. Sto però divagando troppo sul filosofico. Vediamo di riassumere:

· L’identità è divisiva e punta sulle caratteristiche tangibili. Ricordo a questo proposito, il periodo del sisma in centro Italia. Avevamo organizzato con associazioni del posto una manifestazione a cui aveva partecipato anche un campanaro con le campane recuperate da varie chiese. Aveva iniziato a suonare una serie di melodie e ricordo bene l’affermazione “alla fine la melodia è uguale ma ogni paese dice che la sua è diversa, la loro campana è diversa”. Ecco ci fermiamo alla campana e non sentiamo la musica. A ognuno il suo campanile verrebbe da dire. Che strano, mi ricorda tanto il campanilismo.

· L’anima è qualcosa che va oltre, è la melodia che unisce. Io credo che per parlare di turismo sostenibile per tutti – turisti e abitanti – sia necessario trovare questa melodia. Ed è una melodia che parte dalla parola “rispetto” per gli altri e per i luoghi. Se continuiamo a spingere nella direzione sbagliata anche per i borghi, il rischio è di massificare tutto. Dopo il Covid la spinta generale sembrava verso un turismo più sostenibile. Da una parte si sta realizzando, dall’altra i luoghi più, chiamiamoli intimi, rischiano il turismo di massa appena diventano conosciuti, come a esempio, alcune aree della laguna veneta. Solo creando una alleanza tra abitanti e turisti potrò finalmente parlare di turismo sostenibile. Gli strumenti e i metodi ci sono. In ogni  caso  il punto di partenza resta, per me, più prettamente valoriale che meramente tecnico.

Ma i luoghi hanno un'anima

Veniamo ora a questo Quaderno che racconta con quattro articoli, più un articolo introduttivo di Lucia Ammendolia, il turismo sostenibile ed esperienziale.

Il focus della pubblicazione è su luoghi da scoprire, visti dal punto di vista di studenti di scuole turistiche. In un primo articolo Chiara Ceccon ci porterà con i suoi allievi – dell’istituto Martini di Castelfranco Veneto – attraverso le esperienze che hanno svolto quest’ anno sul territorio. Sempre dell’istituto Martini, Benedetta Strippoli ci condurrà sul sentiero della sostenibilità con “Turismo e sostenibilità: gli italiani sono viaggiatori sostenibili?

Chiudono questa carrellata sul turismo due articoli della III A dell’istituto Mazzotti di Treviso: “Vi presento il mio territorio: Casale sul Sile e Quarto d’Altino, Territorio Alto Sile”. Farete delle belle passeggiate accompagnati dagli itinerari creati dai ragazzi.

Un mio invito ai ragazzi e ragazze, operatori turistici di domani. Cercate sempre l’anima nel lavoro che farete.

Buona lettura

Si ringraziano le docenti: Chiara Ceccon, Nicoletta Cioffi e Anna Candelù per la collaborazione

Potete trovare Ma i luoghi hanno un’anima? Nel Q18 Turismo 20.0 – Scuola, turismo, territorio edito da il prato publishing house

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TURISMO 20.0

TURISMO 20.0 Scuola, turismo, territorio è il titolo completo dell’evento del 21 maggio in cui torneremo a parlare del tema a noi caro del turismo sostenibile. L’evento che si svolgerà a Zero Branco in provincia di Treviso è inserito nel Festival ASviS per lo Sviluppo Sostenibile 2024

L’evento è la parte conclusiva del progetto pilota Turistico 20.0, un progetto di turismo sostenibile che ha l’obiettivo di valorizzare il territorio e di mettere in relazione il Nord e il Sud del Paese, coinvolgendo anche i futuri operatori turistici: studenti e studentesse di scuole turistiche

La giornata si colloca a valle dell’elaborazione dei questionari e del webinar che ha coinvolto 6 scuole – tra Calabria e Veneto – con circa 500 studenti durante il webinar di presentazione e più di 200 questionari raccolti

Scopo del questionario era esplorare la percezione, di ragazzi e ragazze, di cosa sia per loro il turismo. Qui potete trovare le informazioni sul progetto e scaricare la copia del questionario

L’evento

Turismo 20.0

Anche in questo caso i ragazzi e ragazze saranno parte attiva dell’evento. Abbiamo chiesto loro di presentare gli articoli scritti per i nostri Quaderni e di raccontarci i loro territori.

Non saranno però da soli! Saranno affiancati da altri relatori in un percorso ideale che abbraccerà scuole, operatori turistici, comunità e territori di provincia.

Ci sarà anche il nostro Ermes Tuon con il progetto Accessible Life e… la IA

Turismo 20.0

Dove: Villa Guidini, via G.B. Guidini – Zero Branco (TV)

Quando: 21 maggio dalle 10.00 alle 12.30

L’ evento è organizzato da: Progetto RE-Cycle APS –

Paesi e Poesie – Lucia Ammendolia , Consulente turistico

AidA Marketing e Formazione

Modera Antonella Grana –  AidA Marketing e Formazione e Presidente di Progetto Re-Cycle

Si ringraziano: il Comune di Zero Branco per l’ospitalità e il patrocinio, dirigenti e docenti degli istituti G. Mazzotti di Treviso, A. Martini di Castelfranco Veneto (TV) per la collaborazione

L’entrata è libera

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Turistico 20.0 – il turismo dalle scuole al territorio –

Turistico 20.0 – il turismo dalle scuole al territorio – è il titolo del progetto che si rivolge agli Operatori Turistici di Domani e che in questa prima fase appena conclusa ha visto coinvolte 6 scuole e due Comuni tra Calabria e Veneto. Più nello specifico hanno partecipato:

Per la Calabria

Le Castella di Capo Rizzuto (KR), Zanotti Bianco di Marina di Gioiosa Ionica (RC), il sindaco Francesco Cagliuso di Caulonia (RC) e come esempio di accoglienza ricettiva sostenibile il Paese Alberga di Caulonia (RC).

Per il Veneto

Algarotti di Venezia, Martini di Castelfranco Veneto (TV), Mazzotti di Treviso e Musatti di Dolo (VE) e il Sindaco Luca Durighetto di Zero Branco (TV)

Turistico 20.0 Di cosa si tratta?

Turistico 20.0 è un progetto di turismo sostenibile che ha l’obiettivo di valorizzare il territorio e di mettere in relazione il Nord e il Sud del Paese. Intendiamo, con gli altri nostri partner Aida Marketing &Formazione e Paesi e Poesie, sviluppare il progetto sulla conoscenza e sulla promozione di ciò che già esiste sul territorio, favorire l’ottica della sostenibilità, dell’ottimizzazione delle risorse e di concentrarci su uno dei patrimoni immateriali più “tangibili” che la nostra Italia possiede: l’accoglienza. Il progetto prevede un confronto costante e costruttivo con il mondo della scuola, le istituzioni locali, associazioni e aziende del settore.

Come Progetto Re-Cycle intendiamo rafforzare la conoscenza del turismo sostenibile e inclusivo – e aggiungiamo digitalizzato – anche grazie al progetto Accessible Life del nostro Ermes Tuon

Gli Operatori turistici di Domani sono il cuore di Turistico 20.0. Dopo il webinar di presentazione è stato chiesto agli/alle studenti che hanno partecipato di compilare un questionario per capire opinioni e abitudini. Abbiamo elaborato i questionari e potete trovare i risultati QUI.

Turistico 20.0

Per l’immediato futuro possiamo già anticipare che stiamo lavorando a una pubblicazione e a un evento, ci farebbe molto piacere poter coinvolgere velocemente anche altre scuole, comuni e Regioni. Contattateci!

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Turismo, persone, formazione

Turismo, persone, formazione è l’articolo introduttivo del Q17 “Scuola, professioni e trend del turismo” da ottobre scaricabile qui

I quattro articoli concentrano l’attenzione su due aspetti (che tratterò a mia volta): la formazione/istruzione delle persone e le criticità emerse con il turismo di massa.

Chiara Ceccon, docente di un istituto turistico del Veneto, ci conduce nel mondo dell’educazione scolastica e della formazione dei docenti, evidenziando le importanti modifiche che educazione e formazione hanno subito durante e dopo il Covid.

Emanuele Persiani – guida AIGAE -ci accompagna sui Monti Sibillini e in Valnerina e nell’accompagnamento dei turisti da parte delle Guide GAE

Lucia Ammendolia ci introduce alle tendenze, criticità e punti di forza del turismo italiano emersi nel 2023

Tiziano Simonato ci racconta invece della stagione balneare appena conclusa lungo la costa di Cavallino Treporti

Turismo, persone, formazione

Personalmente, in questa mia introduzione, intendo soffermarmi su alcuni aspetti legati alla formazione e alla situazione del turista a Venezia.

La Formazione

Da più parti si parla di potenziare la formazione, di questi tempi la formazione finanziata è di importanza cruciale. Nel settore ho più di 25 anni di esperienza, qualcosa ne so, avendo ricoperto più ruoli. Cosa è stato fatto? Direi il punto più positivo è senza dubbio che parlare di formazione anche in aziende piccole, ormai non è più un tabù e credetemi non è un passo da poco. Cosa resta da fare? Moltissimo e qui vado per elenchi puntati:

  • troppi enti di formazione che avrebbero a loro volta bisogno di molta formazione essendo privi della conoscenza dei bisogni del proprio territorio. I bisogni di aziende e persone sono visti solo in base ai bandi che escono, poca analisi preventiva. Con una analisi preventiva, a cui far seguire una formazione mirata, ci saremmo risparmiati le criticità legate alla ricerca di personale, soprattutto nel settore turistico. Molti operatori del settore hanno avuto difficoltà come ci spiega anche Tiziano Simonato
  • bandi in cui impera la burocrazia. Assistiamo al paradosso in cui la digitalizzazione si è trasformata in burocrazia digitale. I progetti si sono trasformati sempre più in un percorso di guerra con documenti da produrre con firma digitale, a cui alleghiamo però un documento di identità scansionato. Meglio abbondare, sia mai. A questo si aggiunga anche il caricamento a portale. Ogni Regione ha il proprio portale – come d’altro canto ogni fondo interprofessionale – che funziona a modo suo. Perdite di tempo infinite. Tempo che si potrebbe spendere meglio visitando aziende e scuole per capire bene i bisogni e le aspettative.  Mi permetto di suggerire alle Regioni di fare una cosa del tipo “Boss in Incognito” ne vedreste delle belle, potreste imparare qualcosa. Il mio sogno sarebbe di farvi fare un progetto completo, dal contatto con le aziende, alla stesura e al caricamento a portale. Un sogno per me e un incubo per voi
Turismo, persone, formazione
  • maggiore cooperazione tra enti. Molto spesso esistono reti che si costituiscono per bandi specifici ma in effetti sono soltanto delle spartizioni di territorio. Servono 80 partecipanti? Bene 40 sono su Treviso con l’ente X e altri 40 su Padova con l’ente Y. Altro mio sogno sarebbe invece di lavorare per centri di competenze. In una azienda esiste la produzione, l’amministrazione, il commerciale. Sono tutti coordinati tra loro ma ciascuno ha una competenza specifica che accresce il valore del tutto. Allo stesso modo in una rete per la formazione si dovrebbe lavorare su progettazione, contatto con le aziende/studenti, monitoraggio ecc.ecc. Ciascuno in base al progetto contribuisce con una competenza specifica
  • last but not least, le cose talvolta – ad aziende e corsisti – vanno fatte pagare. Il “gratis” non è percepito come un valore ma come un “tanto non corro rischi e faccio quello che voglio” Dietro a quel “faccio quello che voglio” ricordo che ci sono persone che hanno lavorato e stanno lavorando per riuscire a tenere in piedi tutto. Vuol dire che non riconoscete il valore di quanto fanno, anche per voi un bel “Boss in Incognito” ci starebbe bene

 Persone o limoni da spremere? Storia di Leila a Venezia

Leila è un nome di fantasia ma rappresenta una persona reale, per meglio dire sono più persone – tutte donne – che hanno trascorso una giornata a Venezia. Iniziamo già male, poiché rappresentano la tipologia turistica che non è proprio ben vista nella città lagunare. Sono quelle del turismo “mordi e fuggi”, quelle che vanno in supermercato e preparano i panini che poi mangeranno da qualche parte e a cui si dirà “Venezia non è Disneyland”.

Peccato che queste persone si siano rapportate con la città con grande rispetto, abbiano tentato di visitare più cose possibili ma che le loro aspettative siano state disattese. Code ovunque, prezzi alle stelle e servizi inesistenti. A tutto questo aggiungiamo una grande sporcizia. Come ci dice Lucia Ammendolia (riferendosi nel suo articolo al Sud Italia) Secondo l’Istat, riguardo il consumo di acqua pro capite, si stima che un turista consumi circa il doppio dell’acqua rispetto a un residente e che produca circa il 50% di rifiuti in più”.

 Tutta colpa dei turisti? Certamente hanno le loro responsabilità  ma vogliamo parlare, e qui ritorno a Venezia, anche dell’atteggiamento “è una città unica e ci sarà sempre turismo”, salvo poi lamentarsi perché i flussi non sono gestiti. Vogliamo dire che chiunque abbia una stanza la offre in affitto? Sì, anche in nero, e questo non è certo un segreto.

Tornando al viaggio di Leila io non credo che a Venezia questa Persona abbia avuto il rispetto che avrebbe meritato. Leila è una donna colta, benestante e a causa della guerra si è trovata a doversi reinventare la vita. Meglio avere una persona come Leila, anche per un giorno solo, o preferiamo una influencer? Credo che alla base di tutto sia sempre il rispetto per gli abitanti (i pochi rimasti) e per i turisti che non sono soltanto limoni da spremere. Come ci dice ancora Lucia Ammendolia è necessario puntare su “un’offerta globale a base territoriale.  Anche gli eventi, se non ben armonizzati e integrati in un piano di sviluppo e promozione, non avranno la giusta collocazione e incisività all’interno di un piano per un futuro sviluppo.”

Venezia e il Veneto – estendo in ogni caso il ragionamento a tutta Italia – non hanno un piano di sviluppo e promozione integrato. In ottica di integrazione – per inciso l’ottica è del Destination Manager – ho portato avanti un progetto, “Storie d’Acqua”, che utilizzava Venezia come driver per valorizzare luoghi limitrofi legati da percorsi fluviali.

Piani di sviluppo

Venezia e il Veneto – estendo in ogni caso il ragionamento a tutta Italia – non hanno un piano di sviluppo e promozione integrato. In ottica di integrazione – per inciso l’ottica è del Destination Manager – ho portato avanti un progetto, “Storie d’Acqua”, che utilizzava Venezia come driver per valorizzare luoghi limitrofi legati da percorsi fluviali.

Era durante il Covid con tutta la fatica del caso, però è stato fatto. Ma a livello macro- decisionale cosa è stato fatto? Poco, purtroppo. Fiumi di parole, prima fra tutta la sostenibilità che si sta trasformando in una grande patacca senza senso. Tra l’altro la sostenibilità è vista solo dal punto di vista più di impatto, quello dell’ambiente. Ci si dimentica della parte sociale (persone) e per la parte economica si vede solo il profitto a ogni costo. Stiamo perdendo tempo, con la mia attività mi propongono bandi che sono delle “ciofeche”. Ma sì, facciamo un altro portale! Anzi una app. Entrambe le cose, perché no? Nel frattempo, testate internazionali iniziano a consigliare di non venire a Venezia e nelle altre città d’arte. Che (#Opento) meraviglia

E Leila che fine ha fatto? In tutto questo lei si porterà a casa altri paesaggi lontani dalla folla, paesaggi montani come il Cansiglio o aree più tranquille in provincia, come quelle delle Storie d’Acqua. Di Venezia purtroppo non resterà un buon ricordo.

Turismo, persone, formazione

Mi fermo qui, credo sia chiaro che questo Quaderno sia piuttosto articolato. Leggetelo con calma.

Il Q17 e ” Turismo, persone, formazione” saranno disponibili da ottobre. Per gli altri numeri già disponibili dei Quaderni editi da il prato cliccare qui

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Paesaggio umano usato/partecipato

Paesaggio umano usato/partecipato di Antonella Grana è il quinto articolo del nuovo Quaderno Q16 “Paesaggi umani, paesaggi urbani” da luglio scaricabile qui

Questo Quaderno inizia per me con un tuffo nel recente passato, un passato che chiamerei pre-Covid da una parte e post-sisma dall’altra. Dieci dicembre 2016, furgone carico di tutto quanto siamo riusciti a raccogliere con le donazioni, ore 5 del mattino, direzione Norcia. C’è un gran bel ghiaccio a quell’ora del mattino (notte?).  La strada è lunga e con deviazioni perché il sisma che ha colpito il centro Italia, ad agosto prima e a ottobre poi, non ha risparmiato la viabilità. Ad attenderci ci sarà Emanuele Persiani, l’autore del primo pezzo di questo Quaderno.

Il terremoto ha cambiato per sempre il paesaggio dell’area, ce lo spiega bene Emanuele nel suo articolo. Corsi d’acqua, come il Torbidone, che hanno fatto nascere una sorta di laghetto, gli insediamenti umani che si sono allargati creando dei dormitori dove sono state costruite le SAE – Soluzioni Abitative di Emergenza.

Paesaggio umano usato/partecipato

Sono stata a Norcia e nei paesi limitrofi umbri e marchigiani, l’ultima volta nell’estate del 2019. Poi, da febbraio 2020 la pandemia e non ci sono più tornata. Mi riprometto di farlo presto. Quando ho letto il testo di Emanuele ho subito (ri)visto la situazione che si stava già palesando: confusione nella ricostruzione – ma questo ci può anche un po’ stare, l’area è immensa- ma soprattutto decisioni non condivise con la popolazione.

Ho ancora negli occhi il centro commerciale costruito per le attività che avevano necessità di delocalizzare, l’ho visto sempre desolatamente vuoto. Si è voluto importare un modello che non è nelle corde della zona. Per me che abito in Veneto, una struttura di quel tipo era una situazione ovvia. Esco di casa e ho 4 o 5 centri commerciali nel raggio di 5 chilometri. Non è la stessa cosa per chi abita a Norcia e che è abituato al negozietto di prossimità.

Emanuele nel suo racconto condensa questi anni, tutt’altro che semplici, del post sisma.

Paesaggio umano usato/partecipato

C’è un limite allo sfruttamento del territorio? E se il corpo territoriale fosse paragonato a un corpo biologico?

“Esiste ormai una quantità di letteratura e di studi, nonché di modelli urbani, che incontrovertibilmente hanno posto al centro della loro riflessione, per la risoluzione dei problemi, la questione del limite.

Le realtà urbane più vivibili – e guarda caso più ricche – sono quelle che hanno accettato tale sfida e fanno, del “darsi un limite”, l’occasione per il loro rilancio e successo” ci dice Roberto Ervas nel suo articolo. E aggiunge “…si scopre che le città che hanno risolto meglio il problema del traffico privato sono quelle che hanno smesso di “assecondarlo”, promuovendo il trasporto pubblico e la viabilità ciclopedonale e supportando quello commerciale attraverso specifici percorsi, tecnologie dedicate e organizzazioni logistiche innovative.”

Nel suo pezzo Emanuele Persiani ci dice “…sono aumentati gli spostamenti, quando prima del sisma ci si muoveva di più a piedi perché era tutto più vicino.” Stiamo forse ricostruendo ma nel modo sbagliato? Sembrerebbe di sì… Forse mancano i fondi, ma… fermi tutti! Ecco a noi il PNRR che tutto risolve, ce ne parla in un altro articolo Alessandro Boldo. Quale è l’importanza del territorio/ambiente nella strategia di sviluppo del PNRR? Come termine risuona molte volte, nella pratica il riscontro è proprio basso: territorio e ambiente sono sudditi dell’economia.

A prescindere dalle argomentazioni e dalle coalizioni discorsive sovraordinate, la transizione del PNRR è una transizione de-territorializzata. Il territorio è di fatto la verifica delle premesse discorsive dell’EGD e degli obiettivi di transizione del PNRR, ma la spazialità e le specificità territoriali del programma paiono assorbite dagli stimoli del mercato, da opere o acquisizioni di procedure legate a processi di innovazione tecnologica, energetica, digitalizzazione e deroga normativa, frettolosamente qualificative come semplificazione burocratica e riforme di governance”

Una transizione de-territorializzata. Se pensiamo alla ricostruzione, di nuovo, non ci siamo. Dove sono finiti territorio e persone?

Di paesaggio e persone ce ne parla Lucia Ammendolia nel suo pezzo dedicato interamente al Veneto “sulle orme del Leone Marciano”. Lucia ci accompagna lungo i paesaggi veneti, bellissimi ma a volte contraddittori, dove una forte cementificazione fa da contrasto a luoghi naturali che sono stati – e sono – fonte di ispirazione per poeti, pittori e scrittori.  Ma cos’è il paesaggio? Una delle definizioni dice: “…quindi spazi di territori in continua costruzione e conseguente interazione tra uomo e natura. Tutto questo, mette in luce la naturale correlazione tra il territorio e la parte antropica. All’interno del paesaggio, l’uomo non è un semplice osservatore ma, citando Jacob, è un “soggetto attivo abitante

L’essere umano è un “soggetto attivo abitante”, le politiche territoriali sembra che se ne dimentichino spesso. Il Veneto è una delle aree a più alta cementificazione, dove anche l’agricoltura con le monocolture intensive sta contribuendo a cambiare il paesaggio.

Paesaggio umano usato/partecipato

“L’anima veneta” è paesaggio, soprattutto negli occhi e nei racconti di chi questa terra l’ha fortemente amata e abitata. Molte sono le testimonianze di questo sentimento, in particolare da chi ne ha vissuto la trasformazione da paesaggio agricolo a industrializzato, cogliendone la bellezza di prima e le contraddizioni del dopo. Come Mario Rigoni Stern, nato ad Asiago, nell’omonimo altopiano. Egli ambienta i suoi romanzi principalmente nelle montagne del Veneto, illustrando con grande cura il territorio e anche il rapporto tra l’uomo e la natura stessa. In alcuni suoi libri utilizza anche una antica lingua: il cimbro, lingua antica dell’altopiano, in via d’estinzione, che lui cercò di valorizzare. Il rispetto per la sua terra era davvero profondo e sentito.

Credo sia ormai chiaro il perché del titolo della mia introduzione “Paesaggio umano usato/partecipato”

Ho utilizzato svariate volte l’esempio delle zone del sisma. Io avevo sempre visto la ricostruzione come un grande laboratorio condiviso, dove con una buona pianificazione si poteva rendere il paesaggio – ferito- anche più bello di prima. Nella disgrazia c’era – spero ci sia ancora – la possibilità di ripartire da zero e di ripartire nel modo giusto. È più semplice quando tutto deve esser ricostruito lavorare su una progettualità nuova, molto più semplice rispetto a interventi su aree già popolate e sfruttate. In questo momento purtroppo anche in quelle aree/laboratorio c’è solo un paesaggio umano usato, molto verosimilmente per logiche di mercato.

Il paesaggio umano partecipato è quello che manca. Un paesaggio umano partecipato è una comunità attiva e vivace che fa proposte anche quando non le si chiede nulla. Ecco, questo è quello che spero, per Norcia e non solo, anche per tutti noi: un paesaggio umano partecipato. Sta anche a noi fare una mossa.

Buona lettura. E… proponete il vostro paesaggio

Per scaricare ” Paesaggio umano usato/partecipato” e i Quaderni editi da il prato cliccare qui

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Binario morto

Binario morto è l’articolo introduttivo al Quaderno 15 “Turismo tra rivincita e rigenerazione” in uscita a maggio e che potrete trovare qui

Binario morto

Binario morto… No, non preoccupatevi anche se il titolo suona un po’ lugubre in questo Quaderno andremo a raccontare di binari che ritornano a vivere.

Per questa pubblicazione ci trasferiamo in Francia dove saremo “ospitati” alla Recyclerie un posto che ho avuto il piacere di conoscere personalmente e che ha qualcosa in comune con Progetto Re-Cycle. Se guardate bene già il logo somiglia moltissimo al nostro.

La Recyclerie rappresenta il primo binario di questo racconto. Quando l’ho visitata a marzo 2022 ero stata favorevolmente colpita dal fatto che questa struttura si era sviluppata lungo un binario e una stazione dismessa. La Recyclerie, come ci racconta Fabrizia Greta Silvestri è sorta, all’inizio come azienda agricola, lungo la vecchia cinta ferroviaria di Parigi nel diciottesimo Arrondissement. Già parlare di un’azienda agricola a Parigi per me è un sogno. 

Binario morto

Al netto di tutte le differenze, la presenza dei binari mi ha fatto pensare subito alla (nostra) Treviso – Ostiglia, una ciclo-pedonale che è stata recuperata lungo una ex ferrovia militare e valorizzata di recente.  Le opere non sono del tutto completate (a marzo 2023 la ciclabile è percorribile da Treviso a Montegalda (VI) per circa 56 km) ma posso personalmente affermare che la Treviso – Ostiglia è diventata un punto di incontro e, durante il Covid, un attimo di serenità e di evasione.

La Recyclerie è invece una struttura di ristorazione/accoglienza, ha iniziato come azienda agricola ed è partita dal concetto di “fare comunità”. Per riagganciarci al turismo sostenibile – goal 8.9 dell’Agenda ONU 2030 – non si può prescindere dal concetto della comunità ospitante per uno sviluppo turistico armonico. È per questo che la Recyclerie mi ha colpito tantissimo: per il coinvolgimento dei clienti, degli abitanti del quartiere di Clignancourt e, in ultima analisi, dei turisti come me che vivono un’esperienza diversa.

Binario morto

Il turismo esperienziale può essere considerato il trait-d’union tra il binario morto di Parigi e il binario morto della Treviso – Ostiglia. Per turismo esperienziale intendiamo un turismo che prevede molteplici attività durante una vacanza, attività che permettono al turista di connettersi a livello umano, emotivo e spirituale al luogo che lo ospita. Stiamo parlando di nicchie di mercato ma cosa è meglio: tante nicchie messe assieme o un turismo “affollato”?

Revenge tourism

Di questo tipo di turismo “affollato” ce ne parla Fabio Casilli con il suo articolo sul Revenge Tourism.

Turismo di rivincita, anche se mi viene meglio chiamarlo di vendetta. Un aspetto del turismo che si è evidenziato dopo il Covid, questa voglia spasmodica di partire i cui risultati sono città sovraffollate con, di conseguenza, un’offerta turistica che rischia di diventare caotica e di bassa qualità. Un’offerta che ha dovuto fare i conti, sia in Francia che in Italia, con la mancanza di personale legata al forzato cambio di lavoro causato dal Covid. Mancanza dello staff senior (in Francia il mercato immobiliare legato alle Olimpiadi del 2024 ha assorbito parte del personale del settore turistico) e mancanza di competenze sul campo dello staff junior.

Di nuovo si pone la domanda “dove sta andando il turismo?”

Per Fabio Casilli la rivincita ha fatto da leva a una revisione generale del turismo, sia da parte degli operatori che dei clienti. I bisogni dei clienti sono cambiati, c’è un orientamento maggiore verso la sostenibilità, il cambiamento dei bisogni ha forzato il cambiamento degli operatori.

Spero davvero che la cosa sia duratura e che non ci stiamo avviando invece verso il binario morto di un turismo vecchio stile con un po’ di green washing. Non ci vorrà molto tempo per scoprirlo.

Destination management

Quando parlo di turismo preferisco farlo con il Destination Management che prevede la gestione di un territorio e la sua valorizzazione con il supporto di operatori che conoscono bene il luogo in cui operano. Importantissimo il ruolo delle OGD – Organizzazioni di Gestione della Destinazione- che dovrebbero dare un impulso effettivo al territorio di appartenenza.  Al momento invece, almeno per quanto riguarda il Veneto, non riesco a vedere nessuna gestione efficace. Tante idee e ben confuse. Una promozione che prevede anche influencer – divertenti – che parlano in veneto e che sono capiti dai veneti ma non da altri. Mi sfugge il nesso su come si spingano le persone da fuori a venire in Veneto, evitando possibilmente di accalcarsi a Venezia. Di sicuro è un mio limite di comprensione

Le attività e i luoghi “oltre Venezia” potrebbero essere davvero tanti e vari. Eccoci, dunque, a far rientrare in campo le proposte di turismo esperienziale, termine che, confesso, detesto cordialmente da quanto è utilizzato a vanvera. Sta di fatto che è necessario proporre qualcosa che resti nella memoria.

Per tornare al nostro binario iniziale potremmo dire che la Recyclerie e l’Ostiglia sono racconti di ferrovie, per me la ferrovia, sopra ogni cosa, racconta il “senso del viaggio”

Binario morto

Racconti su rotaie

Non mi possono non tornare alla mente i viaggi estivi di ritorno – con mia mamma che all’epoca era ancora “foresta” (=non veneta) – al Sud. 

Il Trieste- Lecce era sovraffollato, quando andava bene mio papà riusciva a prenotare dei posti. Se andava male…pazienza. La parte migliore doveva ancora arrivare, quando da Foggia prendevamo la littorina con i sedili in legno. Il ritorno a Venezia/Mestre era, se possibile, ancora più memorabile: il delirio più totale con “i pacchi da giù” da portare su.  Viaggi scomodi, tanto, e treni sporchi. Ma la ferrovia racconta e fa ricordare storie e fa anche comunità. Avete presente in “Benvenuti al Sud” la scena dell’ingorgo sulla Salerno – Reggio Calabria? Ecco, in tante ore di treno era più o meno così, ma questo era esattamente il “senso del viaggio”, lunghissimo, scomodissimo e condiviso con estranei con i quali ci scambiavamo i panini.

Cosa significa questo? Semplice, un’esperienza deve essere vera. Da qui la mia critica al turismo esperienziale: troppe “esperienze wow” sono fasulle e sono dannose per gli operatori seri.

L’ultimo binario

L’ultimo binario morto di questo Quaderno è la foto di copertina di questa introduzione. Si tratta dell’orologio della Vecchia Stazione che ospita il museo dell’impressionismo, il Museé d’Orsay.  Le opere sono fantastiche ma altrettanto fantastico è il lavoro di ristrutturazione e di valorizzazione del museo stesso.  Una prova in più del fatto che da un binario morto può esserci nuova vita.

Bon voyage

Questo Quaderno è dedicato alla V N del 1983 dell’Istituto Tecnico Turistico F. Algarotti di Venezia. I viaggi in treno delle gite e per alcuni, me compresa, in treno anche fino a Londra!

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